mercoledì 29 marzo 2017

Gli Shared Services, il sogno delle multinazionali (e dei consulenti....)

Chiariamo subito, chi scrive fa il consulente da quasi vent'anni e, quindi, mangia di questo pane! Tuttavia, su alcuni temi è sempre meglio parlare chiaro e "Consulendo" è un blog nato con questo obiettivo. Innanzitutto, cosa sono gli Shared Services? Sono servizi condivisi che consolidano in un solo luogo (reale o virtuale) le operazioni di business che vengono utilizzate da più parti di un'organizzazione. Ovviamente, centralizzare le attività di back-office comporta risparmi importanti evitando le ridondanze di personale. Inoltre, attraverso il chargeback system le multinazionali possono riallocare sulle singole filiali i costi degli Shared Services con indubbi benefici di carattere fiscale (salvi tutti i temi di transfer price connessi). Quali sono, di norma, le funzioni interessate? L'Amministrazione, le Risorse Umane e l'IT. Qual è l'obiettivo principale? Consentire alle Business Units di concentrare le proprie (limitate) risorse sull'attività commerciale e di sviluppo del business. Al centro del progetto devono esserci tre componenti fondamentali: Persone, Processi e Tecnologia. L'impostazione dev'essere da subito globale. Nel senso che è meglio concepire da subito un progetto che accentri le funzioni condivise in un solo ufficio, piuttosto che andare per gradi con soluzioni intermedie, che complicano l'implementazione del progetto e comportano molti più rischi di resistenza del personale nelle fasi successive. La funzione dell'ufficio deve da subito essere la più ampia possibile e deve rappresentare la completa gamma delle attività che intende accentrare. Una volta standardizzati i processi, si deve lavorare per non relegare il nuovo centro di consolidamento al semplice ruolo di centro di elaborazione di transazioni. La gamma dei servizi deve crescere e deve essere così completa da non offrire alternative alle Business Units locali. Il governo dei servizi dev'essere affidato a manager che abbiano la responsabilità completa dei processi. Per esempio, nel caso di gestione dei fornitori la responsabilità dovrà essere order-to-cash o purchase-to-pay. Il responsabile dei servizi condivisi è sempre attento a:
  • Misurare e migliorare la qualità del servizio
  • Applicare le pratiche migliori
  • Gestire le relazioni esterne (stakeholders interni, Business Unit Directors, ecc.)
  • Monitorare la soddisfazione del cliente (interno ed esterno)
  • Identificare le necessità tecnologiche.
La soluzione del manager che controlla end-to-end il processo è più facilmente attuabile nel caso di un centro servizi interno all'azienda, ma il consolidamento delle attività, spesso, è affidato a società terze con sede in paesi a basso costo del personale. In questi casi il controllo è molto meno agevole e parte del know-how si disperde. In conclusione, gli Shared Services funzionano? Solo in parte. Certamente, evitano che si replichino nelle varie Business Units o filiali processi standard che possono essere gestiti centralmente e questo significa risparmio. D'altro canto, possono generare costi occulti, dati dalle inefficienze che genera il lavoro che rimbalza dalla periferia al centro e viceversa, per alcuni dettagli che solo localmente possono essere trattati. La tecnologia aiuta, ma non può interpretare tutte le variabili, né si può pensare che "tutto" possa essere standardizzato. E' follia. Le modalità e i tempi per l'implementazione di un simile progetto sono manna per le società di consulenza, che si assicurano lavoro per anni, ma che, alla fine, "mollano" il problema al cliente. Le resistenze interne spesso comportano un rallentamento complessivo della "macchina", con l'effetto di perdere a livello locale quel supporto necessario per il successo del progetto. Insomma, il tema è "culturale" e dimenticarsene porta, quasi sempre, al fallimento.

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