I
manager della concessionaria Toyota Bill Penney a Huntsville, Alabama, erano
certi di essere all'avanguardia nell'utilizzo delle tecnologie social e nelle
comunicazioni con il cliente, ma tre anni fa, quando sono andati a leggere le
recensioni lasciate dai clienti per cercare di capire il perché di un sensibile
calo delle vendite, hanno subito uno shock. Ecco alcuni commenti: "non mi
avete risposto e così avete perso una vendita!", "volevo solo il
prezzo di un cambio olio, ma nessuno mi ha risposto", ecc. Il CFO Ryan
Hensley ricorda che la cosa fece tremare tutti i dipendenti. Proprio a lui fu affidato l'incarico di
condurre un'indagine interna e il risultato fu che, quasi di prassi, non si
rispondeva mai o, comunque, non tempestivamente al telefono. I commerciali non
rispondevano perché erano concentrati sulle esigenze del cliente che avevano di
fronte. Il problema principale era che l'azienda aveva un sistema telefonico
antiquato che limitava la capacità dell'operatore di trasferire la chiamata che metteva in attesa il cliente per tempi lunghissimi. Quindi, a
partire dal 2014, Hensley ha rivisto il sistema telefonico della
concessionaria, con il risultato di una migliore ritenzione della clientela e
punteggi altissimi nelle recensioni. Oggi c'è un sistema che permette
all'operatore di vedere chi è libero e può rispondere, altrimenti invia la
telefonata ad un ufficio dove i venditori, a turno, si alternano per rispondere
alle telefonate dei clienti. Attraverso un'agenda on-line i venditori fissano
appuntamenti e accolgono i loro clienti. Il tutto in piena efficienza per il
cliente e per il concessionario. La Toyota Bill Penney non solo non perde più
una telefonata, ma c'è una cura maniacale nel dare risposte accurate e
dettagliate. Non solo, l'anno scorso sono state effettuate oltre 6.000 chiamate
verso i clienti per assicurarsi la loro piena soddisfazione sui servizi
ricevuti. Il risultato? La
concessionaria ha recuperato perfettamente il suo posizionamento e nel 2016 ha
venduto 4.200 veicoli tra nuovo ed usato. Ma i veri profitti arrivano dalla
manutenzione, con quasi 4.000 veicoli che si sono affidati alla concessionaria
per esigenze varie d'officina.
martedì 28 febbraio 2017
TecHR, Tecnologia e HR
La tecnologia sta vivendo un periodo di intenso sviluppo e nell'ultimo decennio ha vissuto un'accelerazione senza precedenti. CB Insights, un database che raccoglie le informazioni sugli investimenti in capitale di rischio, nel 2016 ha registrato investimenti per 2 miliardi di dollari in tecnologia e piattaforme dedicate al solo HR. Mentre negli altri ambiti aziendali gli investimenti sono leggermente calati, in ambito HR gli investimenti sono in costante ascesa da 5 anni e si prevede per la fine del 2017 che saranno cresciuti del 15% sul 2015. Anche le aziende di medie dimensioni stanno implementando sistemi di gestione integrata delle risorse umane (HRMS) e cominciano ad utilizzare piattaforme sempre più sofisticate. L'HR è già proiettato oltre il clouding e guarda al mobile come il prossimo livello di sviluppo. L'HR utilizza già da tempo strumenti come l'analisi proveniente da intelligenza artificiale e il social recruitment. La gestione degli obiettivi e delle prestazioni richiede un crescente livello di automatizzazione e, al contempo, di flessibilità e modificabilità. Per fare questo, bisogna dotarsi di sistemi "team-centric" e "cloud-based" che si interconnettano con i sistemi di pianificazione e di gestione delle risorse umane ed aziendali. Alcune indicazioni sui criteri da seguire:
- Valutare e gestire le performance per team e non solo in base alla gerarchia;
- Implementare una gestione dinamica dei team, che consenta di creare e modificare li stessi con grande rapidità;
- Rendere gli obiettivi trasparenti e facili da tracciare e modificare;
- Rendere molto più semplice e mobile il check-in alla piattaforma di gestione;
- Incorporare nel sistema strumenti di sondaggio immediato o rapido, con feedback ad hoc presentati tramite tag o word clouds;
- Incorporare piani di sviluppo in tutto o in parte precompilati, semplici da costruire e adattabili a dipendenti in ruoli simili.
Gli strumenti di valutazione on-line costituiscono un supporto ineguagliabile per il management nella fase di valutazione personalizzata e consentono un inquadramento della risorsa completo e dinamico.
Tutti vogliono uscire dall'Europa, ma le produzioni dei media saranno sempre più transnazionali
Un aggettivo per l'appena finito 2016? Paradossale!
Sì, è stato un anno paradossale. A livello internazionale si è assistito al
dilagare del pensiero anti-sistema e anti-globalizzazione, con il risultato che nel
business dei media la globalizzazione ha subito un'accelerazione senza
precedenti. E' possibile che nel 2017, per esempio, molte aziende britanniche
avranno una proprietà straniera e, quasi certamente, Mediaset diventerà, in
tutto o in parte, francese. Tutto questo accade mentre l'Europa si confronta
con rinati sentimenti nazionalistici e i desideri di muri di separazione
continuano a raccogliere consensi. E' pur vero che i sentimenti quali la paura
alimentano queste reazioni e, certamente, il clima di insicurezza dettato dal
terrorismo internazionale non aiuta. Ma la cosa che stupisce è che sia
l'industria della comunicazione e dei media a mantenersi vivacemente
transnazionale, in un'Europa ancora profondamente separata dalle lingue e dalle
diverse storie culturali. Tuttavia, in Italia, non appena Renzi si è dimesso a
seguito della sconfitta nel referendum, il grido di vittoria più energico è
arrivato dal Movimento Cinque Stelle, anti europeista e "tifoso"
della politica di Trump. Questo risultato ha spronato Fox a tentare un assalto
su Sky (entrambe di proprietà di Murdoch) approfittando di un calo del valore
delle azioni di quest'ultima. Nella
stessa settimana, Bolloré ha accelerato la "scalata ostile" su
Mediaset. C'è da dire che la vera svolta in Italia sarebbe l'acquisizione di
Mediaset da parte di Vivendì, che permetterebbe a Bollorè di espandersi nel sud
Europa, creando il primo gigante della comunicazione al pari dei colossi USA. Mediaset
ha perso una montagna di soldi sulla pay-tv, costringendola a tagliare i budget
anche sui canali del digitale terrestre (i cosiddetti free-to-air). Il mercato
televisivo italiano è il terzo in Europa, dopo il Regno Unito e la Germania, e
Mediaset ha circa il 58% di tale mercato. Ma, da tempo, ha un atteggiamento
passivo e rinunciatario che non stimola la creatività e lo sviluppo. Mentre Sky
Italia ha fatto passi da gigante grazie a produzioni come Gomorra e il giovane
Papa, Mediaset si ripete da anni e non riesce ad uscire dallo schema del
reality. Sky Italia, a detta degli esperti, è la realtà più creativa ed
intelligente del continente, Mediaset è il perfetto contrario. Ma se Mediaset
passasse ai francesi, che conseguenze ci sarebbero nella politica italiana? Molte e lo sa bene il Partito Democratico che
ha bisogno dell'appoggio di Berlusconi al senato. Questo spiega l'alzata di
scudi trans-partitica sulla scalata a Mediaset, cui ha fatto seguito la
magistratura che ha rinforzato il "catenaccio" all'italiana contro
Vivendì. Insomma, politica e business dei media seguono tendenze contrapposte:
da un lato cresce il "rifiuto" dell'Europa (Brexit, Le Pen, Grillo,
Salvini, l'olandese Geert Wilders, Frauke Petry in Germania, ecc.), dall'altro
il controllo dell'intrattenimento e dell'informazione sarà sempre più europeo. Mi
sa che dopo il paradosso del 2016 ci dovremo aspettare un 2017 ancora più
paradossale.
martedì 14 febbraio 2017
…..altro che svalvolati on the road!
Forse pochi sanno
che il settore delle valvole è uno di quelli più collegato ai cicli economici. E'
un'industria che spazia dai semplici rubinetti ai prodotti sottoposti alle più
severe normative di regolamentazione della qualità. Non solo, le sue
applicazioni riguardano ambiti assai complessi che hanno a che fare con diverse
temperature, pressioni e stati di aggregazione. Le valvole svolgono le funzioni
chiave di intercettazione, controllo, regolazione e protezione. Sono fattori critici
in termini di sicurezza, precisione e affidabilità e si trovano praticamente in
ogni settore industriale. Per esempio sono fondamentali nella fornitura e il
trattamento delle acque, nell'industria chimica e petrolchimica, nella fornitura
di petrolio e gas, nel trattamento di prodotti farmaceutici, nel settore
energetico, nelle biotecnologie e nella tutela dell'ambiente. C'è poi
l'industria del trasporto di acidi, alcali aggressivi o fanghi, sostanze
tossiche o abrasivi, trasportati a temperature estreme o in condizioni di
pressione difficili. Per coloro che comincino ad appassionarsi al tema,
ricordiamo che ci sono cinque tipi fondamentali di valvole: valvole a
saracinesca, valvole a farfalla, valvole a globo, valvole Bulb & Plug e
valvole a membrana. La selezione del giusto tipo di valvola per ogni
applicazione dipende da una visione globale della valvola come componente in un
sistema completo. L'Europa, grazie ai suoi ingegneri, è un riferimento mondiale
da più di un secolo e mezzo. Insomma, il mondo gira grazie alle valvole!
Profumo d'innovazione
Quando quasi la metà (49 per cento) di tutte le vendite di profumi in un anno si concentrano nel periodo delle feste natalizie, la strategia di lancio diventa vitale per il successo. Sei donne su dieci acquistano o ricevono un profumo a Natale. Questo è quanto emerge da una ricerca condotta da GMI. Tuttavia, gli operatori non si arrendono e cercano di trovare nuove soluzioni al business, non solo investendo in nuovi lanci, ma anche utilizzando di più e meglio le tecnologia. Ma, esattamente, dove si dovrà lavorare? Come prima cosa bisogna imparare ad utilizzare i social. E' ormai chiaro a tutti che i consumatori vogliono essere protagonisti e non amano più sentirsi condizionati da immagini terze. L'utilizzo di celebrità da avvicinare all'immagine del prodotto non funziona più. Il consumatore è informato, segue i siti specializzati e, soprattutto, i blogger che alimentano la rete. I prodotti vengono testati e confrontati, dando spazio ai consumatori per i loro commenti in base alle loro personali esperienze. Quindi, presidiare i social! Il secondo punto è l'ampliamento dell'esperienza sensoriale. Il profumo deve dare un'esperienza fatta d'emozioni e sensazioni che deve trascendere la semplice sensazione olfattiva. Un produttore e rivenditore di profumi ha aperto, presso il Mahiki di Londra, il "Bar del Profumo". Si tratta di una lista di cocktail ispirata ai profumi "best sellers", dove l'aroma originale del profumo si può ritrovare nel sapore degli ingredienti del cocktail. Un'altra idea da sviluppare è quella della teatralità del profumo, ossia aggiungere aromi e profumazioni a completamento della sensazione visiva e auditiva di una rappresentazione teatrale. Il terzo punto riguarda il ripensamento circa l'utilizzo sconsiderato della "brand extension". Tutte le fashion griffes (o quasi) hanno il loro profumo, e in questo non c'è nulla di male. Il tema è che la centralità di questa scelta non è quasi mai quella di un'attenta scelta delle essenze e degli aromi. L'obiettivo è solo quello di aumentare la visibilità del brand in un mercato che, non essendo strategico per le "case di moda", non segue nessuna logica nelle politiche di prezzo. Riprendersi il canale distributivo, e la visibilità che questo comporta, deve essere alla base delle politiche commerciali e comunicative. Si deve stressare (magari proprio con gli strumenti social del primo punto) l'importanza della ricerca e della specializzazione di chi lavora per donare (o meglio vendere) un'esperienza unica. Sicuramente esistono molti altri temi che andrebbero affrontati, ma sembrerebbe che i tre punti elencati rappresentino la centralità degli specialisti. Va detto che per i prossimi quattro anni si prevede che l'industria dei profumi cresca ad un tasso del 3 per cento annuo, quindi ben oltre le attese della maggior parte delle altre industrie. Tuttavia, non sarà una crescita uguale per tutti gli operatori e certamente innovazione e comunicazione saranno le discriminanti.
sabato 11 febbraio 2017
Il lusso dell'industria del lusso
I tempi sono
incerti, quindi bisogna saper perdonare gli errori che i C-Level Executives
hanno commesso (e commetteranno) in fase di programmazione. D'altra parte, tutti
sbagliano le previsioni. Tutti i sondaggisti avevano scommesso sulla permanenza
della Gran Bretagna nell'Unione Europea, e invece….. Per non parlare
dell'elezione di Trump! Quindi sbagliare
è umano e, di questo passo, si diventerà meno severi anche con chi persevera. Prendiamo
l'industria del lusso. L'incertezza è la regola. L'esperienza del piacere del
possesso di un bene di lusso sarà sempre più transitoria. I nuovi consumatori
del lusso saranno sempre più imprevedibili. Il lusso, da valore effimero,
diventerà prodotto effimero. Si consumeranno cibi pregiati, si faranno viaggi lussuosi
e si cercheranno, sempre più, esperienze esclusive, ma con un grado d'infedeltà
ai marchi mai visto prima. Il consumismo passerà dall'usa e getta del prodotto,
all'usa e getta dell'esperienza. Insomma, potrebbe non essere più necessario
comprare un oggetto di lusso, basterà noleggiarlo. In questo la tecnologia
giocherà un ruolo fondamentale. Ordineremo il nostro lussuoso abito la mattina
e il pomeriggio ce lo consegneranno in tempo per l'evento della sera. Nel 2017
il tempo potrebbe essere la nuova dimensione del lusso e del suo relativo
impiego. Aziende come Burberry e Tommy Hilfiger sono già attrezzate per
rispondere alla domanda immediata susseguente ad una sfilata. Insomma, l'ho
visto e lo voglio, adesso. Francamente, esistono non pochi dubbi sull'efficacia
economica e finanziaria del modello, ma il mercato va in quella direzione e
bisogna studiare soluzioni che incontrino questo scenario. D'altra parte, molti
gruppi del lusso hanno già attivato la comunicazione diretta e personale (non
ancora personalizzata) e la sviluppano attraverso gli stessi social che si
usano nella quotidianità: WhatsApp, Facebook Messenger, Snapchat, ecc. Il 2017
imporrà agli operatori del settore riflessioni molto serie e ragionate su come
non incorrere (nuovamente) nella tempesta già vista nel 2016. I grandi
operatori economici sembrano ottimisti e segnalano il 2018 (anno sufficientemente lontano) come l'anno della svolta positiva (vedi quanto detto all'inizio sulle
previsioni…). Sarà, ma a noi sembra che il tema sia sociale e politico e che se
si vuole vedere una ripresa autentica, si dovrà lavorare anche (e soprattutto)
sulle ricadute sociali che il business comporta. Questo significa innovazione, ossia
produrre e vendere con criteri e metodi sostenibili. Per il mercato del
lusso si tratta di una grande opportunità. Spesso in tale mercato si adoperano
materie prime rare ed un loro utilizzo
coscienzioso potrebbe esaltare il ruolo sociale dell'industria specifica. Basta
aprire decine di stores con relativi costi e posti di lavoro precari. Meglio
lavorare sul digitale e consolidare il proprio posizionamento sul mercato,
stabilendo un corretto livello di solidità finanziaria. La responsabilità
sociale dell'azienda è un lusso che l'industria del lusso deve potersi
permettere.
venerdì 10 febbraio 2017
Pharma & Biotech: No soldi, no party. Ovvero, chi paga la ricerca?
A fronte dei grandi gruppi e partenariati che hanno bisogno di nuovi prodotti, esistono le
piccole realtà che necessiterebbero di risorse per sviluppare i loro progetti.
L'imprenditoria scientifica si sta spostando verso l'iniziativa dei grandi
"intuitori", che si confrontano con la goffaggine dei giganti dell'industria
farmaceutica. Per capire come si sta muovendo il settore, bisogna studiare dove
si stanno dirigendo le start-up. Per esempio, un tema dilagante è quello
dell'Alzheimer. I figli del "baby boom" stanno invecchiando e i costi
sanitari nel 2040 saranno rappresentati per il 25% dal morbo di Alzheimer. Sono
stati spesi miliardi di dollari nella ricerca di farmaci che avrebbero dovuto
attivare anticorpi contro l'accumulo di placche di proteina beta-amiloide, ma oggi
la comunità scientifica solleva seri dubbi e perplessità nel merito. Ma la
ricerca è viva e non si ferma. La Yumanity Therapeutics ha raccolto 45 milioni di
dollari da dedicare interamente alla ricerca di nuovi farmaci per l'Alzheimer ed
altre malattie neuro-degenerative. Annexon Biosciences, una spin-out della Stanford
University, ha raccolto 44 milioni di dollari per finanziare una ricerca che va
nella direzione di fermare il morbo attraverso l'inibizione dell'azione del
sistema immunitario sulle sinapsi, fondamentali per il nostro funzionamento
neuronale. Alla fine del 2016 la EIP Pharma ha dimostrato che un vecchio
farmaco anti-infiammatorio ha migliorato le attività cognitive e mnemoniche in
un piccolo campione di pazienti con lieve patologia di Alzheimer. Nella ricerca
farmacologica i ricercatori hanno in passato (?) sviluppato una visione
"statica" del bersaglio molecolare. I chimici tendono a trovare
composti che si leghino con l'obiettivo specifico. Il mondo scientifico, però,
sta evidenziando che questi bersagli sono dinamici, fluidi e si trasformano
continuamente. La ricerca è costosa e ottimizzarla è fondamentale. Uno dei
motivi per i quali i cittadini non vedono di buon occhio le case farmaceutiche è
che i prezzi dei farmaci sono elevati e i loro problemi di salute non trovano
(sempre) una soluzione soddisfacente. Si sa, la scienza ha i suoi tempi. Per
esempio, la scienza del microbioma ha
preso d'assalto la biologia degli ultimi anni. Questo è accaduto in gran parte
grazie agli strumenti di sequenziamento del DNA che ci stanno dando una
comprensione sempre più chiara di come noi come esseri umani coesistiamo con le
migliaia di miliardi di batteri nelle nostre viscere e sulla nostra pelle. Purtroppo,
se il nostro sistema immunitario va in tilt e decide che questa coesistenza non
va più bene, attacca i tessuti sani, causando le malattie autoimmuni. Alcune
ricerche suggeriscono che la composizione batterica del nostro intestino
influenza il nostro umore, aprendo interessanti prospettive per il trattamento
della depressione e di altre forme di disturbo del sistema nervoso centrale. Ma,
adesso, torniamo al tema iniziale. Chi paga la ricerca? Come possono
incontrarsi capitali e ricercatori? Diciamo che parte della ricerca è
finanziata dalle nostre tasse, che alimentano specifici (micro) fondi. Il
meccanismo è che quando un'università fa una scoperta, la brevetta e le aziende
interessate a sviluppare la nuova scoperta (o invenzione) pagano per ottenerne
la licenza. Il problema è che queste ricerche richiedono una quantità
straordinaria di lavoro e, quindi, di fondi. Questo spiega i finanziamenti
delle farmaceutiche alla ricerca universitaria, con l'accordo che il
finanziatore, legittimamente, ne possa sfruttare le ricadute commerciali. Quindi
il meccanismo funziona? Non proprio, il tema è che spesso le farmaceutiche
hanno pagato una miseria per queste licenze, a fronte di uno sfruttamento
commerciale straordinario. C'è da dire che qualcuno comincia a fare la voce
grossa. Harvard, in particolare, a marzo del 2016 si è fatta anticipare 20
milioni di dollari da Merck per il diritto di sviluppare un insieme di farmaci
per la leucemia mieloide acuta. Staremo a vedere.
Le IPO nell'Healthcare significano qualcosa per il settore?
Anche se il 2016 è
stato un anno dall'andamento incerto per il settore Healthcare nel mondo, l'attività
degli investitori nell'ultimo trimestre dell'anno si è intensificata, lasciando
ben pensare per il 2017. Nella sua relazione trimestrale, BioPharm Insight
(BPI) evidenzia il fatto che le offerte IPO nel quarto trimestre hanno fatto un
balzo enorme, passando da $ 1,75 miliardi del terzo trimestre a $ 8.15 miliardi
di dollari. La più grande IPO sanitaria del trimestre è stata quella della
sudcoreana Samsung BioLogics, che ha raccolto $ 1,9 milioni ed è stata quotata
alla Borsa coreana. E' pur vero che l'attività finanziaria del settore non
rappresenta la reale solidità dello stesso, ma, si sa, i quattrini vanno dove
possono crescere. Infatti, il grande quesito è se la finestra che si è aperta a
fine 2016 rimarrà tale anche nel corso del 2017 o se prevarrano le paure dei
primi 3 trimestri del 2016. Querida Anderson, di BioPharm Insight, ha
sottolineato che fusioni, acquisizioni e accordi di licenza hanno influenzato i
buoni movimenti del quarto trimestre, ma i numeri globali parlano di una
flessione del 5% nelle fusioni, del 13% nelle acquisizioni e del 17% negli
accordi di licenza. Quali sono i maggiori "movimenti"? Actelion continua
a dare segnali di crescita e Johnson & Johnson non ha abbandonato l'idea di
acquisire la società. Cresce l'interesse delle "Big Pharma" per la
farmaceutica al femminile, come Palatin Technologies. Ipsen è fortemente
concentrata sulla propria strategia nell'oncologia ed è fortemente motivata per
un'acquisizione nel settore delle neuroscienze. Galapagos, dopo l'ultima
iniezione di denaro contante, sta sviluppando progetti in proprio. Staremo a
vedere.
Che ne sarà del mercato del "Food"?
Il 2017 promette di essere uno degli anni più
interessanti nella storia del cibo negli USA e della sua relativa vendita al
dettaglio. CB Insights stima che siano stati investiti più di un un miliardo di
dollari in start-up e progetti alimentari nel solo 2016. E la maggior parte di
questi fondi sono stati destinati a progetti ad altissimo valore tecnologico.
Insomma, il cibo comincia ad interessare alla Silicon Valley. Il mercato
dell'alimentazione ha un potenziale di sviluppo enorme. Kimbal Musk, della
comunità Kitchen, lo ha stimato in dieci volte la dimensione dell'attuale
mercato globale del software. Il tema è stabilizzare il sistema di
distribuzione. I supermercati tradizionali hanno registrato una flessione dell'
1% e la loro quota di mercato è in calo dello 0,7%. Ma chi sono i nuovi players
della distribuzione? Sono Aldi, Lidl e Amazon GO, cioè realtà che forniscono
alta qualità e prezzi bassi. Ma c'è un mondo in continua evoluzione ed è
rappresentato dai magazzini a "zero rifiuti", ristoranti e negozi
alimentari del "pronto e consegnato". Ma non è tutto. Gli stessi alimenti
sono in continua trasformazione e ripensamento. I prodotti interessati sono il
burro, le barbabietole, i vegetali in genere e la cannabis commestibile, sì
proprio lei. Si stima che il giro d'affari della cannabis negli USA possa
crescere fino a 22 miliardi di dollari di fatturato entro il 2020, con nove
stati che ne hanno già approvato l'uso "ricreativo" e altri 21 l'uso medicinale. Nei prossimi
decenni si mangerà di più e più diversificato. Il cibo etnico perderà il suo
fascino esoterico, per diventare quotidianità diffusa. Le nuove generazioni
saranno meno inclini al fascino dei brand e pretenderanno che esista un buon
rapporto tra qualità del cibo e sicurezza alimentare. Inoltre, aumenterà
l'attenzione verso i nuovi valori ecologico-animalisti. Staremo a vedere.
sabato 4 febbraio 2017
Hospitality Is a "Me Too" Industry
Il titolo riprende quanto ha detto Ian Schrager, personaggio noto per lo Studio 54 e per aver aperto la strada all'idea dell'hotel boutique nel 1980. Schrager conosce bene il settore alberghiero (vi opera da più di 50 anni) e lamenta la mancanza d'innovazione. In effetti, realtà come Airbnb rappresentano una grave minaccia. Con l'economia della condivisione si deve completamente ripensare la vecchia nozione di hotel ancora con servizi a tariffa. Schrager ha indicato gli esempi dell'industria cinematografica e della musica come modelli che gli alberghi dovrebbero seguire. Le aziende più grandi si sono associate con quelle più piccole, lasciandole libere di crescere e sviluppare idee nuove. Un esempio? Walt Disney e Pixar. Insomma, bisogna rompere le regole e uscire dagli standard. L'albergo deve rispecchiare uno stile di vita, deve accumunare persone che credono in un'ospitalità su misura. Per competere con un "disgregatore" come Airbnb, bisogna lavorare sulle emozioni. E per fare questo, si deve lavorare sul brand. I luoghi devono riflettere una filosofia complessiva cui il cliente decide di uniformarsi, perché ci si ritrova. Tutto questo, Airbnb non può farlo. Dare un letto e un pasto è una commodity. La tecnologia non è una nemica, anzi. L'idea di community, se opportunamente utilizzata, aiuta a diffondere ciò che rende unica una catena di alberghi o anche un solo albergo. Insomma: "Disrupting and doing something that stands out!"
Efficienza Energetica Negli Edifici
Mantenere un
ambiente fresco d'estate e caldo d'inverno richiede una notevole quantità di
energia. E come ogni famiglia sa, il mantenimento di una temperatura
confortevole è diventato sempre più costoso. Mantenere le bollette energetiche
di casa, degli edifici commerciali e pubblici entro un limite sostenibile di
costo è un'operazione complessa, che ha anche riverberi sui costi sociali
complessivi. Nell'Unione Europea gli edifici rappresentano oltre il 40% del
costo complessivo della bolletta energetica. Il costo ambientale è altrettanto
enorme, se si tiene conto che l'energia impiegata per gli edifici è
responsabile del 36% delle emissioni di CO2. Chiaramente, bisogna fare
qualcosa. L'energia è probabilmente una delle più importanti sfide per l'Europa
e richiede una politica unitaria e coerente su tutti i territori. i Capi di
Stato dell'UE hanno concordato, nel marzo 2007, un obiettivo di riduzione delle
emissioni di gas a effetto serra (giuridicamente vincolante e unilaterale) del
20% entro il 2020. La domanda, a questo punto, non è più se ci sarà una
razionalizzazione dell'utilizzo dell'energia, ma semplicemente come questo
avverrà. Il cambiamento climatico e la sicurezza energetica sono due facce
della stessa medaglia. Gli stessi rimedi devono essere applicati a entrambe le
sfide. Una parte fondamentale della soluzione è data dal risparmio energetico e
il nostro (europeo) patrimonio edilizio deve dare il più grande contributo. La
buona notizia è che i sistemi di efficienza energetica innovativi, come tutta
l'industria dell'isolamento dimostra, stanno dando un importante contributo
alla lotta al cambiamento climatico, riducendo il consumo energetico e
migliorando il comfort di casa. Con politiche intelligenti, si ottimizza
l'utilizzo dell'energia, si creano posti di lavoro e si contribuisce ad avere
un ambiente migliore. Come ha detto Barak Obama: " Insulation is sexy
stuff".
Facebook sembra che stia per smettere di pagare gli editori per i video live
Facebook ha speso più di 50 milioni di dollari l'anno scorso per
pagare editori e celebrità per creare video in diretta sul social network. Ora
numerosi editori dicono che Facebook ha deciso di disimpegnarsi dai video dal
vivo. Gli editori si aspettano che Facebook non rinnoverà i contratti per i
filmati in diretta. Al contrario, Facebook sta spingendo gli editori per creare
contenuti video premium. La speranza è di ottenere più video di alta qualità
sulla piattaforma, il genere di cose, presumibilmente, che si possono trovare
su Netflix. Sembra che Mark Zuckerberg fosse "ossessionato" con quel
format già dall'anno scorso. Van Veen sta avendo colloqui con alcuni creatori
per concedere in licenza spettacoli in stile TV. Il business potrebbe interessare
quelle aziende che già fanno video LongForm, come studi televisivi e case
cinematografiche, ma non è chiaro se gli editori digitali che fanno parte del
programma di video dal vivo saranno pagati per fare il tipo di cose che Van
Veen sta cercando. Questo cambiamento nelle priorità sembra segnalare
l'abbandono dei video in diretta "professionalmente" prodotti,
fortemente enfatizzati nel 2016 dal CEO Mark Zuckerberg. Facebook sta ancora
spendendo milioni di dollari per una massiccia campagna pubblicitaria intorno a
Facebook Live, ma la campagna si rivolge agli utenti regolari, non agli editori
o alle celebrità.
Caro Trump, occhio alle esportazioni del latte made in the USA
La
Federazione americana dei produttori di latte nazionale (NMPF) e il Dairy
Export Council degli Stati Uniti (USDEC) hanno sollecitato l'Amministrazione
Trump a non ritirarsi dal perseguire nuove opportunità commerciali nel Pacifico
e a proteggere il rapporto di scambi di prodotti agricoli tra gli Stati Uniti e
il Messico. Il ritiro dal TPP (Trans-Pacific Parthership) "non deve portare a un ritiro dall'impegno
economico con il crescente mercato asiatico per i prodotti lattiero-caseari
americani", ha detto Jim Mulhern Presidente e CEO del NMPF. Ha poi
dichiarato:"Anche se riconosciamo che il TPP così com'è ora non ha
contribuito alla crescita, sollecitiamo l'Amministrazione Trump a cercare future opportunità per aumentare le nostre
esportazioni di latte in Asia e in tutto il mondo". I concorrenti dei
produttori statunitensi hanno negoziato con successo accordi
commerciali nel corso degli ultimi anni. Questo mette il settore agricolo degli
Stati Uniti in una posizione di svantaggio competitivo. Il Trans-Pacific
Partnership era ben lungi dall'essere perfetto, ma è stato benefico per il
settore lattiero-caseario degli Stati Uniti perché, oltre a nuovi accessi al
mercato, ha anche fatto progressi significativi nel mettere a fuoco le altre
barriere all'ingresso, come quelle sanitarie e le norme fitosanitarie. La
soluzione potrebbe essere quella di sostituire il TPP con accordi bilaterali
con paesi come il Giappone, il Vietnam e altri nel sud est asiatico. Altro tema
è quello del Messico, che è il mercato n ° 1 per le esportazioni di latte degli
Stati Uniti, per un totale di $ 1,2 miliardi nel 2016. L'accordo di libero
scambio nordamericano (NAFTA) ha aperto una porta importante per il Messico e
chiuderla sarebbe, diciamo, da sprovveduti. Va detto
che il Canada, l'altra parte NAFTA, ha sempre lavorato per minare il commercio
dei prodotti lattiero-caseari. Francamente, il Canada sembrerebbe non
all'altezza di sfruttare le sue opportunità di accesso al mercato del latte
negli Stati Uniti. Il settore lattiero-caseario statunitense esporta il 15 per
cento della sua produzione di latte, ovvero il valore di un giorno di
produzione di latte alla settimana. Nel 2015, le esportazioni sono state di
oltre $ 5 miliardi e hanno contribuito a generare più di 120.000 posti di
lavoro nel settore lattiero-caseario e settori correlati.
I gusti del gelato made in the USA
La vaniglia continua ad essere il gusto preferito dagli americani, che ne comprano "chilate" nei supermercati e che se lo vedono costantemente proporre dalla ristorazione C'è da dire che è il gusto più versatile, si mescola bene con condimenti (i loro), bevande e dessert da forno. Ma quali sono i primi cinque singoli gusti preferiti dagli Americani? Sono vaniglia, cioccolato, biscotto-crema, fragola e menta con gocce di cioccolato.Tuttavia, i gusti di gelato sono limitati solo dalla fantasia. I produttori presentano sempre nuovi ed eccitanti sapori per i loro clienti. Per esempio, torta al cioccolato tedesco, Black Raspberry Krunch Sundae e Hawaiian Wedding Cake Ice Cream sono stati nominati i gusti di gelato più innovativi durante l'International Dairy Foods Association's Innovative Ice Cream Flavor Competition, tenutasi nel 2015. I frutti di bosco, soprattutto i lamponi, l'hanno fatta da padroni. Inutile dire che il gelato americano ha distribuito e distribuisce con regolarità una quantità incredibile di grassi. Ora, però, i produttori di gelato cominciano a diversificare le loro linee di dessert surgelati in modo da adattarsi ai diversi stili di vita. Per esempio, da tempo esistono linee di prodotti denominati "better for you". Tra questi prodotti i consumatori possono trovare una vasta gamma di gelati per soddisfare le loro esigenze dietetiche specifiche: prodotti a ridotto contenuto di grassi, senza grassi, a basso contenuto di carboidrati, "senza zucchero aggiunto", con il calcio o altre sostanze nutritive o il gelato senza lattosio. I prodotti monodose (che da noi sono la quasi normalità) sono una parte importante di questa tendenza, in quanto alcuni consumatori preferiscono i prodotti confezionati per contare le calorie, i carboidrati o i grammi di grasso. Tuttavia, la maggior parte dei consumatori mangia il gelato alla ricerca di una sana autoconsolazione. Pertanto, i produttori di gelato continuano a lavorare per offrire una selezione completa di prodotti con sapori innovativi e con "mix-ins" come biscotti, caramelle e dolci.
Il mercato globale della diagnostica in Vitro raggiungerà i 69,1 miliardi di dollari entro il 2017
Il mercato mondiale della diagnostica in vitro (IVD) è destinato a
crescere e a raggiungere quota $ 69,1 miliardi entro il 2017, rispetto ai $
49,2 miliardi del 2012. Questo è quanto dice un nuovo rapporto di Research and
Markets. La crescita viaggierà, nel corso dei prossimi 5 anni, ad un tasso del
7% annuo composto. L'Auto-test sarà il fattore propulsivo dell crescita del
settore, in sostituzione delle analisi che i pazienti dovevano effettuare
presso i centri ospedalieri. Di conseguenza, il numero di prodotti denominati
"point-of-care test" crescerà. Altri fattori che contribuiranno alla
crescita del settore IVD sono dati dagli sviluppi in corso nell'automazione
dell'analitica di laboratorio, i rapidi progressi in vari campi della
diagnostica, come la diagnosi molecolare, i test immunologici, l'ematologia, la
citometria a flusso, la microbiologia e, infine, l'espansione del mercato
geografico all'interno dei paesi emergenti.
Mentre gli Stati Uniti, seguiti dall'Europa, continueranno a
rappresentare il più grande mercato per il settore, le regioni emergenti, come
i paesi BRIC, cresceranno a tassi a due
cifre. Il settore può essere
classificato nei seguenti segmenti basati sulla tecnologia:
- · chimica clinica
- · immunochimica
- · diagnostica molecolare
- · Ematologia
- · Coagulazione
- · Microbiologia
- · Altri
Il settore IVD può anche essere suddiviso nelle seguenti categorie
secondarie in base alle domande:
- · Diabete
- · Malattie infettive
- · Oncologia
- · Cardiologia
- · Nefrologia
- · Malattie autoimmuni
- · AIDS
- · test anti-droga
- · Altri
Alcune delle aziende leader sono Abbott Laboratories, Roche
Diagnostics, Becton Dickinson & Co., la tedesca Siemens Healthcare e la
francese Diagnostica Stago SAS.
venerdì 3 febbraio 2017
Le tendenze che modelleranno il cloud computing nel 2017
Il cloud computing ha aiutato molte aziende a trasformarsi nel
corso degli ultimi cinque anni, ma gli esperti concordano sul fatto che il
mercato stia entrando in una sorta di seconda ondata, sia per il cloud
pubblico, sia per quello privato. Il mercato del cloud accelererà più
velocemente nel 2017, questo è quel che prevede la Forrester Research nel suo
nuovo rapporto. "Le aziende con grandi budget, data center e applicazioni
complesse guardano al cloud come un luogo vitale per eseguire le applicazioni
di core business." La prima ondata di cloud computing è stata creata da
Amazon Web Services nel 2006 quando ha lanciato qualche semplice servizio di
storage. Un decennio più tardi, AWS ha operato con un run rate di
11 miliardi di dollari. Forrester ha rilevato che il 38 per cento dei più di
1.000 decisori sulle infrastrutture aziendali in Nord America ed Europa stanno
costruendo cloud privati ed il 32 per cento intende offrire i propri servizi
pubblicamente. Inoltre, il 59 per cento degli intervistati ha detto di essere
in procinto di adottare un modello di cloud ibrido. I Regional Players dovranno
ragionare in termini di "mega cloud provider". I CIOs, cui
inizialmente era stato affidato il compito di costruire cloud privati, alla
luce del tempo e dei costi necessari, passeranno ai coud pubblici. Ciò di cui
hanno e avranno bisogno c'è già e si sta evolvendo a un ritmo furioso. Il
mercato globale del cloud pubblico nel 2017 supererà 146 miliardi di dollari,
contro i "soli" 87 miliardi del 2015, con un tasso di crescita
del 22 per cento. La parte del leone di questa crescita sarà rappresentata da
Amazon.com, Microsoft, Google e IBM, che sono emersi come "fornitori di
mega-cloud". Si stanno aprendo nuovi centri dati come, ad esempio, quello
che si realizzerà in seguito all'accordo tra Microsoft e T -Systems per gestire
il loro cloud in Germania. C'è da dire che i grandi players non saranno in
grado di servire ogni singola richiesta, il che significa che anche gli attori
regionali più piccoli vedranno un incremento del loro business nel 2017.
Qualche riflessione sul mercato della moda nel 2017
Dopo un rallentamento nel 2016, determinato da volatilità e incertezza, nel 2017 ci si attende una ripresa, con punte di crescita comprese tra 2,5 e il 3,5 per cento. Quest'ottimismo deriva da una serie di fattori:
1. In primo luogo, gli indicatori macroeconomici. Le previsioni di crescita del PIL a livello mondiale proiettano un valore prossimo al 3,4 per cento rispetto al 3,1 del 2016. Il valore, tuttavia, è sottoposto agli effetti della Brexit (ma ci sarà davvero?) e delle politiche commerciali del neo eletto Trump.
2. In secondo luogo, la comunità degli investitori si aspetta miglioramenti in tutto il settore della moda, in particolare quello guidato dai "colossi" che potrebbero avviare operazioni di riorganizzazione e disinvestimento dei non performing brand e delle non-core activities.
3. La crescita che ci si attende (2,5/3,5 per cento) rappresenta una leggera ripresa, ma non è ancora al livello degli incrementi del 5,5 per cento, dei quali per anni ha goduto il settore.
Insomma, i primi due punti elencati e un sostanziale riequilibrio commerciale tra Cina e Nord America dovrebbero garantire al settore una crescita prossima all'incremento atteso per il PIL. Resta quanto già detto per i cambiamenti politici di alcuni stati chiave che possono influenzare negativamente il quadro complessivo, soprattutto per la "sensibilità speculativa" tipica dei mercati del petrolio e delle materie prime.
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