martedì 28 febbraio 2017

Quando il concessionario ha l'accortezza di rispondere al telefono….

I manager della concessionaria Toyota Bill Penney a Huntsville, Alabama, erano certi di essere all'avanguardia nell'utilizzo delle tecnologie social e nelle comunicazioni con il cliente, ma tre anni fa, quando sono andati a leggere le recensioni lasciate dai clienti per cercare di capire il perché di un sensibile calo delle vendite, hanno subito uno shock. Ecco alcuni commenti: "non mi avete risposto e così avete perso una vendita!", "volevo solo il prezzo di un cambio olio, ma nessuno mi ha risposto", ecc. Il CFO Ryan Hensley ricorda che la cosa fece tremare tutti i dipendenti.  Proprio a lui fu affidato l'incarico di condurre un'indagine interna e il risultato fu che, quasi di prassi, non si rispondeva mai o, comunque, non tempestivamente al telefono. I commerciali non rispondevano perché erano concentrati sulle esigenze del cliente che avevano di fronte. Il problema principale era che l'azienda aveva un sistema telefonico antiquato che limitava la capacità dell'operatore di trasferire la chiamata che metteva in attesa il cliente per tempi lunghissimi. Quindi, a partire dal 2014, Hensley ha rivisto il sistema telefonico della concessionaria, con il risultato di una migliore ritenzione della clientela e punteggi altissimi nelle recensioni. Oggi c'è un sistema che permette all'operatore di vedere chi è libero e può rispondere, altrimenti invia la telefonata ad un ufficio dove i venditori, a turno, si alternano per rispondere alle telefonate dei clienti. Attraverso un'agenda on-line i venditori fissano appuntamenti e accolgono i loro clienti. Il tutto in piena efficienza per il cliente e per il concessionario. La Toyota Bill Penney non solo non perde più una telefonata, ma c'è una cura maniacale nel dare risposte accurate e dettagliate. Non solo, l'anno scorso sono state effettuate oltre 6.000 chiamate verso i clienti per assicurarsi la loro piena soddisfazione sui servizi ricevuti.  Il risultato? La concessionaria ha recuperato perfettamente il suo posizionamento e nel 2016 ha venduto 4.200 veicoli tra nuovo ed usato. Ma i veri profitti arrivano dalla manutenzione, con quasi 4.000 veicoli che si sono affidati alla concessionaria per esigenze varie d'officina. 

TecHR, Tecnologia e HR

La tecnologia sta vivendo un periodo di intenso sviluppo e nell'ultimo decennio ha vissuto un'accelerazione senza precedenti. CB Insights, un database che raccoglie le informazioni sugli investimenti in capitale di rischio, nel 2016 ha registrato investimenti per 2 miliardi di dollari in tecnologia e piattaforme dedicate al solo HR. Mentre negli altri ambiti aziendali gli investimenti sono leggermente calati, in ambito HR gli investimenti sono in costante ascesa da 5 anni e si prevede per la fine del 2017 che saranno cresciuti del 15% sul 2015. Anche le aziende di medie dimensioni stanno implementando sistemi di gestione integrata delle risorse umane (HRMS) e cominciano ad utilizzare piattaforme sempre più sofisticate. L'HR è già proiettato oltre il clouding e guarda al mobile come il prossimo livello di sviluppo. L'HR utilizza già da tempo strumenti come l'analisi proveniente da intelligenza artificiale e il social recruitment. La gestione degli obiettivi e delle prestazioni richiede un crescente livello di automatizzazione e, al contempo, di flessibilità e modificabilità. Per fare questo, bisogna dotarsi di sistemi "team-centric" e "cloud-based" che si interconnettano con i sistemi di pianificazione e di gestione delle risorse umane ed aziendali. Alcune indicazioni sui criteri da seguire:
  • Valutare e gestire le performance per team e non solo in base alla gerarchia;
  • Implementare una gestione dinamica dei team, che consenta di creare e modificare li stessi con grande rapidità;
  • Rendere gli obiettivi trasparenti e facili da tracciare e modificare;
  • Rendere molto più semplice e mobile il check-in alla piattaforma di gestione; 
  • Incorporare nel sistema strumenti di sondaggio immediato o rapido, con feedback ad hoc presentati tramite tag o word clouds;
  • Incorporare piani di sviluppo in tutto o in parte precompilati, semplici da costruire e adattabili a dipendenti in ruoli simili.
Gli strumenti di valutazione on-line costituiscono un supporto ineguagliabile per il management nella fase di valutazione personalizzata e consentono un inquadramento della risorsa completo e dinamico.

Tutti vogliono uscire dall'Europa, ma le produzioni dei media saranno sempre più transnazionali

Un aggettivo per l'appena finito 2016? Paradossale! Sì, è stato un anno paradossale. A livello internazionale si è assistito al dilagare del pensiero anti-sistema e anti-globalizzazione, con il risultato che nel business dei media la globalizzazione ha subito un'accelerazione senza precedenti. E' possibile che nel 2017, per esempio, molte aziende britanniche avranno una proprietà straniera e, quasi certamente, Mediaset diventerà, in tutto o in parte, francese. Tutto questo accade mentre l'Europa si confronta con rinati sentimenti nazionalistici e i desideri di muri di separazione continuano a raccogliere consensi. E' pur vero che i sentimenti quali la paura alimentano queste reazioni e, certamente, il clima di insicurezza dettato dal terrorismo internazionale non aiuta. Ma la cosa che stupisce è che sia l'industria della comunicazione e dei media a mantenersi vivacemente transnazionale, in un'Europa ancora profondamente separata dalle lingue e dalle diverse storie culturali. Tuttavia, in Italia, non appena Renzi si è dimesso a seguito della sconfitta nel referendum, il grido di vittoria più energico è arrivato dal Movimento Cinque Stelle, anti europeista e "tifoso" della politica di Trump. Questo risultato ha spronato Fox a tentare un assalto su Sky (entrambe di proprietà di Murdoch) approfittando di un calo del valore delle azioni di quest'ultima.  Nella stessa settimana, Bolloré ha accelerato la "scalata ostile" su Mediaset. C'è da dire che la vera svolta in Italia sarebbe l'acquisizione di Mediaset da parte di Vivendì, che permetterebbe a Bollorè di espandersi nel sud Europa, creando il primo gigante della comunicazione al pari dei colossi USA. Mediaset ha perso una montagna di soldi sulla pay-tv, costringendola a tagliare i budget anche sui canali del digitale terrestre (i cosiddetti free-to-air). Il mercato televisivo italiano è il terzo in Europa, dopo il Regno Unito e la Germania, e Mediaset ha circa il 58% di tale mercato. Ma, da tempo, ha un atteggiamento passivo e rinunciatario che non stimola la creatività e lo sviluppo. Mentre Sky Italia ha fatto passi da gigante grazie a produzioni come Gomorra e il giovane Papa, Mediaset si ripete da anni e non riesce ad uscire dallo schema del reality. Sky Italia, a detta degli esperti, è la realtà più creativa ed intelligente del continente, Mediaset è il perfetto contrario. Ma se Mediaset passasse ai francesi, che conseguenze ci sarebbero nella politica italiana?  Molte e lo sa bene il Partito Democratico che ha bisogno dell'appoggio di Berlusconi al senato. Questo spiega l'alzata di scudi trans-partitica sulla scalata a Mediaset, cui ha fatto seguito la magistratura che ha rinforzato il "catenaccio" all'italiana contro Vivendì. Insomma, politica e business dei media seguono tendenze contrapposte: da un lato cresce il "rifiuto" dell'Europa (Brexit, Le Pen, Grillo, Salvini, l'olandese Geert Wilders, Frauke Petry in Germania, ecc.), dall'altro il controllo dell'intrattenimento e dell'informazione sarà sempre più europeo. Mi sa che dopo il paradosso del 2016 ci dovremo aspettare un 2017 ancora più paradossale.

martedì 14 febbraio 2017

…..altro che svalvolati on the road!

Forse pochi sanno che il settore delle valvole è uno di quelli più collegato ai cicli economici. E' un'industria che spazia dai semplici rubinetti ai prodotti sottoposti alle più severe normative di regolamentazione della qualità. Non solo, le sue applicazioni riguardano ambiti assai complessi che hanno a che fare con diverse temperature, pressioni e stati di aggregazione. Le valvole svolgono le funzioni chiave di intercettazione, controllo, regolazione e protezione. Sono fattori critici in termini di sicurezza, precisione e affidabilità e si trovano praticamente in ogni settore industriale. Per esempio sono fondamentali nella fornitura e il trattamento delle acque, nell'industria chimica e petrolchimica, nella fornitura di petrolio e gas, nel trattamento di prodotti farmaceutici, nel settore energetico, nelle biotecnologie e nella tutela dell'ambiente. C'è poi l'industria del trasporto di acidi, alcali aggressivi o fanghi, sostanze tossiche o abrasivi, trasportati a temperature estreme o in condizioni di pressione difficili. Per coloro che comincino ad appassionarsi al tema, ricordiamo che ci sono cinque tipi fondamentali di valvole: valvole a saracinesca, valvole a farfalla, valvole a globo, valvole Bulb & Plug e valvole a membrana. La selezione del giusto tipo di valvola per ogni applicazione dipende da una visione globale della valvola come componente in un sistema completo. L'Europa, grazie ai suoi ingegneri, è un riferimento mondiale da più di un secolo e mezzo. Insomma, il mondo gira grazie alle valvole!

Profumo d'innovazione


Quando quasi la metà (49 per cento) di tutte le vendite di profumi in un anno si concentrano nel periodo delle feste natalizie, la strategia di lancio diventa vitale per il successo. Sei donne su dieci acquistano o ricevono un profumo a Natale. Questo è quanto emerge da una ricerca condotta da GMI. Tuttavia, gli operatori non si arrendono e cercano di trovare nuove soluzioni al business, non solo investendo in nuovi lanci, ma anche utilizzando di più e meglio le tecnologia. Ma, esattamente, dove si dovrà lavorare? Come prima cosa bisogna imparare ad utilizzare i social. E' ormai chiaro a tutti che i consumatori vogliono essere protagonisti e non amano più sentirsi condizionati da immagini terze. L'utilizzo di celebrità da avvicinare all'immagine del prodotto non funziona più. Il consumatore è informato, segue i siti specializzati e, soprattutto, i blogger che alimentano la rete. I prodotti vengono testati e confrontati, dando spazio ai consumatori per i loro commenti in base alle loro personali esperienze. Quindi, presidiare i social! Il secondo punto è l'ampliamento dell'esperienza sensoriale. Il profumo deve dare un'esperienza fatta d'emozioni e sensazioni che deve trascendere la semplice sensazione olfattiva. Un produttore e rivenditore di profumi ha aperto, presso il Mahiki di Londra, il "Bar del Profumo". Si tratta di una lista di cocktail ispirata ai profumi "best sellers", dove l'aroma originale del profumo si può ritrovare nel sapore degli ingredienti del cocktail. Un'altra idea da sviluppare è quella della teatralità del profumo, ossia aggiungere aromi e profumazioni a completamento della sensazione visiva e auditiva di una rappresentazione teatrale. Il terzo punto riguarda il ripensamento circa l'utilizzo sconsiderato della "brand extension". Tutte le fashion griffes (o quasi) hanno il loro profumo, e in questo non c'è nulla di male. Il tema è che la centralità di questa scelta non è quasi mai quella di un'attenta scelta delle essenze e degli aromi. L'obiettivo è solo quello di aumentare la visibilità del brand in un mercato che, non essendo strategico per le "case di moda", non segue nessuna logica nelle politiche di prezzo. Riprendersi il canale distributivo, e la visibilità che questo comporta, deve essere alla base delle politiche commerciali e comunicative. Si deve stressare (magari proprio con gli strumenti social del primo punto) l'importanza della ricerca e della specializzazione di chi lavora per donare (o meglio vendere) un'esperienza unica. Sicuramente esistono molti altri temi che andrebbero affrontati, ma sembrerebbe che i tre punti elencati rappresentino la centralità degli specialisti. Va detto che per i prossimi quattro anni si prevede che l'industria dei profumi cresca ad un tasso del 3 per cento annuo, quindi ben oltre le attese della maggior parte delle altre industrie. Tuttavia, non sarà una crescita uguale per tutti gli operatori e certamente innovazione e comunicazione saranno le discriminanti.

sabato 11 febbraio 2017

Il lusso dell'industria del lusso

I tempi sono incerti, quindi bisogna saper perdonare gli errori che i C-Level Executives hanno commesso (e commetteranno) in fase di programmazione. D'altra parte, tutti sbagliano le previsioni. Tutti i sondaggisti avevano scommesso sulla permanenza della Gran Bretagna nell'Unione Europea, e invece….. Per non parlare dell'elezione di Trump!  Quindi sbagliare è umano e, di questo passo, si diventerà meno severi anche con chi persevera. Prendiamo l'industria del lusso. L'incertezza è la regola. L'esperienza del piacere del possesso di un bene di lusso sarà sempre più transitoria. I nuovi consumatori del lusso saranno sempre più imprevedibili. Il lusso, da valore effimero, diventerà prodotto effimero. Si consumeranno cibi pregiati, si faranno viaggi lussuosi e si cercheranno, sempre più, esperienze esclusive, ma con un grado d'infedeltà ai marchi mai visto prima. Il consumismo passerà dall'usa e getta del prodotto, all'usa e getta dell'esperienza. Insomma, potrebbe non essere più necessario comprare un oggetto di lusso, basterà noleggiarlo. In questo la tecnologia giocherà un ruolo fondamentale. Ordineremo il nostro lussuoso abito la mattina e il pomeriggio ce lo consegneranno in tempo per l'evento della sera. Nel 2017 il tempo potrebbe essere la nuova dimensione del lusso e del suo relativo impiego. Aziende come Burberry e Tommy Hilfiger sono già attrezzate per rispondere alla domanda immediata susseguente ad una sfilata. Insomma, l'ho visto e lo voglio, adesso. Francamente, esistono non pochi dubbi sull'efficacia economica e finanziaria del modello, ma il mercato va in quella direzione e bisogna studiare soluzioni che incontrino questo scenario. D'altra parte, molti gruppi del lusso hanno già attivato la comunicazione diretta e personale (non ancora personalizzata) e la sviluppano attraverso gli stessi social che si usano nella quotidianità: WhatsApp, Facebook Messenger, Snapchat, ecc. Il 2017 imporrà agli operatori del settore riflessioni molto serie e ragionate su come non incorrere (nuovamente) nella tempesta già vista nel 2016. I grandi operatori economici sembrano ottimisti e segnalano il 2018 (anno sufficientemente lontano) come l'anno della svolta positiva (vedi quanto detto all'inizio sulle previsioni…). Sarà, ma a noi sembra che il tema sia sociale e politico e che se si vuole vedere una ripresa autentica, si dovrà lavorare anche (e soprattutto) sulle ricadute sociali che il business comporta. Questo significa innovazione, ossia produrre e vendere con criteri e metodi sostenibili.  Per il mercato del lusso si tratta di una grande opportunità. Spesso in tale mercato si adoperano materie prime rare  ed un loro utilizzo coscienzioso potrebbe esaltare il ruolo sociale dell'industria specifica. Basta aprire decine di stores con relativi costi e posti di lavoro precari. Meglio lavorare sul digitale e consolidare il proprio posizionamento sul mercato, stabilendo un corretto livello di solidità finanziaria. La responsabilità sociale dell'azienda è un lusso che l'industria del lusso deve potersi permettere.

venerdì 10 febbraio 2017

Pharma & Biotech: No soldi, no party. Ovvero, chi paga la ricerca?

A fronte dei grandi gruppi e partenariati che hanno bisogno di nuovi prodotti, esistono le piccole realtà che necessiterebbero di risorse per sviluppare i loro progetti. L'imprenditoria scientifica si sta spostando verso l'iniziativa dei grandi "intuitori", che si confrontano con la goffaggine dei giganti dell'industria farmaceutica. Per capire come si sta muovendo il settore, bisogna studiare dove si stanno dirigendo le start-up. Per esempio, un tema dilagante è quello dell'Alzheimer. I figli del "baby boom" stanno invecchiando e i costi sanitari nel 2040 saranno rappresentati per il 25% dal morbo di Alzheimer. Sono stati spesi miliardi di dollari nella ricerca di farmaci che avrebbero dovuto attivare anticorpi contro l'accumulo di placche di proteina beta-amiloide, ma oggi la comunità scientifica solleva seri dubbi e perplessità nel merito. Ma la ricerca è viva e non si ferma. La Yumanity Therapeutics ha raccolto 45 milioni di dollari da dedicare interamente alla ricerca di nuovi farmaci per l'Alzheimer ed altre malattie neuro-degenerative. Annexon Biosciences, una spin-out della Stanford University, ha raccolto 44 milioni di dollari per finanziare una ricerca che va nella direzione di fermare il morbo attraverso l'inibizione dell'azione del sistema immunitario sulle sinapsi, fondamentali per il nostro funzionamento neuronale. Alla fine del 2016 la EIP Pharma ha dimostrato che un vecchio farmaco anti-infiammatorio ha migliorato le attività cognitive e mnemoniche in un piccolo campione di pazienti con lieve patologia di Alzheimer. Nella ricerca farmacologica i ricercatori hanno in passato (?) sviluppato una visione "statica" del bersaglio molecolare. I chimici tendono a trovare composti che si leghino con l'obiettivo specifico. Il mondo scientifico, però, sta evidenziando che questi bersagli sono dinamici, fluidi e si trasformano continuamente. La ricerca è costosa e ottimizzarla è fondamentale. Uno dei motivi per i quali i cittadini non vedono di buon occhio le case farmaceutiche è che i prezzi dei farmaci sono elevati e i loro problemi di salute non trovano (sempre) una soluzione soddisfacente. Si sa, la scienza ha i suoi tempi. Per esempio,  la scienza del microbioma ha preso d'assalto la biologia degli ultimi anni. Questo è accaduto in gran parte grazie agli strumenti di sequenziamento del DNA che ci stanno dando una comprensione sempre più chiara di come noi come esseri umani coesistiamo con le migliaia di miliardi di batteri nelle nostre viscere e sulla nostra pelle. Purtroppo, se il nostro sistema immunitario va in tilt e decide che questa coesistenza non va più bene, attacca i tessuti sani, causando le malattie autoimmuni. Alcune ricerche suggeriscono che la composizione batterica del nostro intestino influenza il nostro umore, aprendo interessanti prospettive per il trattamento della depressione e di altre forme di disturbo del sistema nervoso centrale. Ma, adesso, torniamo al tema iniziale. Chi paga la ricerca? Come possono incontrarsi capitali e ricercatori? Diciamo che parte della ricerca è finanziata dalle nostre tasse, che alimentano specifici (micro) fondi. Il meccanismo è che quando un'università fa una scoperta, la brevetta e le aziende interessate a sviluppare la nuova scoperta (o invenzione) pagano per ottenerne la licenza. Il problema è che queste ricerche richiedono una quantità straordinaria di lavoro e, quindi, di fondi. Questo spiega i finanziamenti delle farmaceutiche alla ricerca universitaria, con l'accordo che il finanziatore, legittimamente, ne possa sfruttare le ricadute commerciali. Quindi il meccanismo funziona? Non proprio, il tema è che spesso le farmaceutiche hanno pagato una miseria per queste licenze, a fronte di uno sfruttamento commerciale straordinario. C'è da dire che qualcuno comincia a fare la voce grossa. Harvard, in particolare, a marzo del 2016 si è fatta anticipare 20 milioni di dollari da Merck per il diritto di sviluppare un insieme di farmaci per la leucemia mieloide acuta. Staremo a vedere.

Le IPO nell'Healthcare significano qualcosa per il settore?

Anche se il 2016 è stato un anno dall'andamento incerto per il settore Healthcare nel mondo, l'attività degli investitori nell'ultimo trimestre dell'anno si è intensificata, lasciando ben pensare per il 2017. Nella sua relazione trimestrale, BioPharm Insight (BPI) evidenzia il fatto che le offerte IPO nel quarto trimestre hanno fatto un balzo enorme, passando da $ 1,75 miliardi del terzo trimestre a $ 8.15 miliardi di dollari. La più grande IPO sanitaria del trimestre è stata quella della sudcoreana Samsung BioLogics, che ha raccolto $ 1,9 milioni ed è stata quotata alla Borsa coreana. E' pur vero che l'attività finanziaria del settore non rappresenta la reale solidità dello stesso, ma, si sa, i quattrini vanno dove possono crescere. Infatti, il grande quesito è se la finestra che si è aperta a fine 2016 rimarrà tale anche nel corso del 2017 o se prevarrano le paure dei primi 3 trimestri del 2016. Querida Anderson, di BioPharm Insight, ha sottolineato che fusioni, acquisizioni e accordi di licenza hanno influenzato i buoni movimenti del quarto trimestre, ma i numeri globali parlano di una flessione del 5% nelle fusioni, del 13% nelle acquisizioni e del 17% negli accordi di licenza. Quali sono i maggiori "movimenti"? Actelion continua a dare segnali di crescita e Johnson & Johnson non ha abbandonato l'idea di acquisire la società. Cresce l'interesse delle "Big Pharma" per la farmaceutica al femminile, come Palatin Technologies. Ipsen è fortemente concentrata sulla propria strategia nell'oncologia ed è fortemente motivata per un'acquisizione nel settore delle neuroscienze. Galapagos, dopo l'ultima iniezione di denaro contante, sta sviluppando progetti in proprio. Staremo a vedere.

Che ne sarà del mercato del "Food"?

Il 2017 promette di essere uno degli anni più interessanti nella storia del cibo negli USA e della sua relativa vendita al dettaglio. CB Insights stima che siano stati investiti più di un un miliardo di dollari in start-up e progetti alimentari nel solo 2016. E la maggior parte di questi fondi sono stati destinati a progetti ad altissimo valore tecnologico. Insomma, il cibo comincia ad interessare alla Silicon Valley. Il mercato dell'alimentazione ha un potenziale di sviluppo enorme. Kimbal Musk, della comunità Kitchen, lo ha stimato in dieci volte la dimensione dell'attuale mercato globale del software. Il tema è stabilizzare il sistema di distribuzione. I supermercati tradizionali hanno registrato una flessione dell' 1% e la loro quota di mercato è in calo dello 0,7%. Ma chi sono i nuovi players della distribuzione? Sono Aldi, Lidl e Amazon GO, cioè realtà che forniscono alta qualità e prezzi bassi. Ma c'è un mondo in continua evoluzione ed è rappresentato dai magazzini a "zero rifiuti", ristoranti e negozi alimentari del "pronto e consegnato". Ma non è tutto. Gli stessi alimenti sono in continua trasformazione e ripensamento. I prodotti interessati sono il burro, le barbabietole, i vegetali in genere e la cannabis commestibile, sì proprio lei. Si stima che il giro d'affari della cannabis negli USA possa crescere fino a 22 miliardi di dollari di fatturato entro il 2020, con nove stati che ne hanno già approvato l'uso "ricreativo" e altri 21  l'uso medicinale. Nei prossimi decenni si mangerà di più e più diversificato. Il cibo etnico perderà il suo fascino esoterico, per diventare quotidianità diffusa. Le nuove generazioni saranno meno inclini al fascino dei brand e pretenderanno che esista un buon rapporto tra qualità del cibo e sicurezza alimentare. Inoltre, aumenterà l'attenzione verso i nuovi valori ecologico-animalisti. Staremo a vedere. 

sabato 4 febbraio 2017

Hospitality Is a "Me Too" Industry

Il titolo riprende quanto ha detto Ian Schrager, personaggio noto per lo Studio 54 e per aver aperto la strada all'idea dell'hotel boutique nel 1980. Schrager conosce bene il settore alberghiero (vi opera da più di 50 anni) e lamenta la mancanza d'innovazione. In effetti, realtà come Airbnb rappresentano una grave minaccia. Con l'economia della condivisione si deve completamente ripensare la vecchia nozione di hotel ancora con servizi a tariffa. Schrager ha indicato gli esempi dell'industria cinematografica e della musica come modelli che gli alberghi dovrebbero seguire. Le aziende più grandi si sono associate con quelle più piccole, lasciandole libere di crescere e sviluppare idee nuove. Un esempio? Walt Disney e Pixar. Insomma, bisogna rompere le regole e uscire dagli standard. L'albergo deve rispecchiare uno stile di vita, deve accumunare persone che credono in un'ospitalità su misura. Per competere con un "disgregatore" come Airbnb, bisogna lavorare sulle emozioni. E per fare questo, si deve lavorare sul brand. I luoghi devono riflettere una filosofia complessiva cui il cliente decide di uniformarsi, perché ci si ritrova. Tutto questo, Airbnb non può farlo. Dare un letto e un pasto è una commodity. La tecnologia non è una nemica, anzi. L'idea di community, se opportunamente utilizzata, aiuta a diffondere ciò che rende unica una catena di alberghi o anche un solo albergo. Insomma: "Disrupting and doing something that stands out!"

Efficienza Energetica Negli Edifici

Mantenere un ambiente fresco d'estate e caldo d'inverno richiede una notevole quantità di energia. E come ogni famiglia sa, il mantenimento di una temperatura confortevole è diventato sempre più costoso. Mantenere le bollette energetiche di casa, degli edifici commerciali e pubblici entro un limite sostenibile di costo è un'operazione complessa, che ha anche riverberi sui costi sociali complessivi. Nell'Unione Europea gli edifici rappresentano oltre il 40% del costo complessivo della bolletta energetica. Il costo ambientale è altrettanto enorme, se si tiene conto che l'energia impiegata per gli edifici è responsabile del 36% delle emissioni di CO2. Chiaramente, bisogna fare qualcosa. L'energia è probabilmente una delle più importanti sfide per l'Europa e richiede una politica unitaria e coerente su tutti i territori. i Capi di Stato dell'UE hanno concordato, nel marzo 2007, un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (giuridicamente vincolante e unilaterale) del 20% entro il 2020. La domanda, a questo punto, non è più se ci sarà una razionalizzazione dell'utilizzo dell'energia, ma semplicemente come questo avverrà. Il cambiamento climatico e la sicurezza energetica sono due facce della stessa medaglia. Gli stessi rimedi devono essere applicati a entrambe le sfide. Una parte fondamentale della soluzione è data dal risparmio energetico e il nostro (europeo) patrimonio edilizio deve dare il più grande contributo. La buona notizia è che i sistemi di efficienza energetica innovativi, come tutta l'industria dell'isolamento dimostra, stanno dando un importante contributo alla lotta al cambiamento climatico, riducendo il consumo energetico e migliorando il comfort di casa. Con politiche intelligenti, si ottimizza l'utilizzo dell'energia, si creano posti di lavoro e si contribuisce ad avere un ambiente migliore. Come ha detto Barak Obama: " Insulation is sexy stuff".

Facebook sembra che stia per smettere di pagare gli editori per i video live

Facebook ha speso più di 50 milioni di dollari l'anno scorso per pagare editori e celebrità per creare video in diretta sul social network. Ora numerosi editori dicono che Facebook ha deciso di disimpegnarsi dai video dal vivo. Gli editori si aspettano che Facebook non rinnoverà i contratti per i filmati in diretta. Al contrario, Facebook sta spingendo gli editori per creare contenuti video premium. La speranza è di ottenere più video di alta qualità sulla piattaforma, il genere di cose, presumibilmente, che si possono trovare su Netflix. Sembra che Mark Zuckerberg fosse "ossessionato" con quel format già dall'anno scorso. Van Veen sta avendo colloqui con alcuni creatori per concedere in licenza spettacoli in stile TV. Il business potrebbe interessare quelle aziende che già fanno video LongForm, come studi televisivi e case cinematografiche, ma non è chiaro se gli editori digitali che fanno parte del programma di video dal vivo saranno pagati per fare il tipo di cose che Van Veen sta cercando. Questo cambiamento nelle priorità sembra segnalare l'abbandono dei video in diretta "professionalmente" prodotti, fortemente enfatizzati nel 2016 dal CEO Mark Zuckerberg. Facebook sta ancora spendendo milioni di dollari per una massiccia campagna pubblicitaria intorno a Facebook Live, ma la campagna si rivolge agli utenti regolari, non agli editori o alle celebrità. 

Caro Trump, occhio alle esportazioni del latte made in the USA

La Federazione americana dei produttori di latte nazionale (NMPF) e il Dairy Export Council degli Stati Uniti (USDEC) hanno sollecitato l'Amministrazione Trump a non ritirarsi dal perseguire nuove opportunità commerciali nel Pacifico e a proteggere il rapporto di scambi di prodotti agricoli tra gli Stati Uniti e il Messico. Il ritiro dal TPP (Trans-Pacific Parthership) "non deve portare a un ritiro dall'impegno economico con il crescente mercato asiatico per i prodotti lattiero-caseari americani", ha detto Jim Mulhern Presidente e CEO del NMPF. Ha poi dichiarato:"Anche se riconosciamo che il TPP così com'è ora non ha contribuito alla crescita, sollecitiamo l'Amministrazione Trump a cercare  future opportunità per aumentare le nostre esportazioni di latte in Asia e in tutto il mondo". I concorrenti dei produttori statunitensi hanno negoziato con successo accordi commerciali nel corso degli ultimi anni. Questo mette il settore agricolo degli Stati Uniti in una posizione di svantaggio competitivo. Il Trans-Pacific Partnership era ben lungi dall'essere perfetto, ma è stato benefico per il settore lattiero-caseario degli Stati Uniti perché, oltre a nuovi accessi al mercato, ha anche fatto progressi significativi nel mettere a fuoco le altre barriere all'ingresso, come quelle sanitarie e le norme fitosanitarie. La soluzione potrebbe essere quella di sostituire il TPP con accordi bilaterali con paesi come il Giappone, il Vietnam e altri nel sud est asiatico. Altro tema è quello del Messico, che è il mercato n ° 1 per le esportazioni di latte degli Stati Uniti, per un totale di $ 1,2 miliardi nel 2016. L'accordo di libero scambio nordamericano (NAFTA) ha aperto una porta importante per il Messico e chiuderla sarebbe, diciamo, da sprovveduti. Va detto che il Canada, l'altra parte NAFTA, ha sempre lavorato per minare il commercio dei prodotti lattiero-caseari. Francamente, il Canada sembrerebbe non all'altezza di sfruttare le sue opportunità di accesso al mercato del latte negli Stati Uniti. Il settore lattiero-caseario statunitense esporta il 15 per cento della sua produzione di latte, ovvero il valore di un giorno di produzione di latte alla settimana. Nel 2015, le esportazioni sono state di oltre $ 5 miliardi e hanno contribuito a generare più di 120.000 posti di lavoro nel settore lattiero-caseario e settori correlati. 

I gusti del gelato made in the USA

La vaniglia continua ad essere il gusto preferito dagli americani, che ne comprano "chilate" nei supermercati e che se lo vedono costantemente proporre dalla ristorazione C'è da dire che è il gusto più versatile, si mescola bene con condimenti (i loro), bevande e dessert da forno. Ma quali sono i primi cinque singoli gusti preferiti dagli Americani? Sono vaniglia, cioccolato, biscotto-crema, fragola e menta con gocce di cioccolato.Tuttavia, i gusti di gelato sono limitati solo dalla fantasia. I produttori presentano sempre nuovi ed eccitanti sapori per i loro clienti. Per esempio, torta al cioccolato tedesco, Black Raspberry Krunch Sundae e Hawaiian Wedding Cake Ice Cream sono stati nominati i gusti di gelato più innovativi durante l'International Dairy Foods Association's Innovative Ice Cream Flavor Competition, tenutasi nel 2015. I frutti di bosco, soprattutto i lamponi, l'hanno fatta da padroni. Inutile dire che il gelato americano ha distribuito e distribuisce con regolarità una quantità incredibile di grassi. Ora, però, i produttori di gelato cominciano a diversificare le loro linee di dessert surgelati in modo da adattarsi ai diversi stili di vita. Per esempio, da tempo esistono linee di prodotti denominati "better for you". Tra questi prodotti i consumatori possono trovare una vasta gamma di gelati per soddisfare le loro esigenze dietetiche specifiche: prodotti a ridotto contenuto di grassi, senza grassi, a basso contenuto di carboidrati, "senza zucchero aggiunto", con il calcio o altre sostanze nutritive o il gelato senza lattosio. I prodotti monodose (che da noi sono la quasi normalità) sono una parte importante di questa tendenza, in quanto alcuni consumatori preferiscono i prodotti confezionati per contare le calorie, i carboidrati o i grammi di grasso. Tuttavia, la maggior parte dei consumatori mangia il gelato alla ricerca di una sana autoconsolazione. Pertanto, i produttori di gelato continuano a lavorare per offrire una selezione completa di prodotti con sapori innovativi e con "mix-ins" come biscotti, caramelle e dolci.

Il mercato globale della diagnostica in Vitro raggiungerà i 69,1 miliardi di dollari entro il 2017

Il mercato mondiale della diagnostica in vitro (IVD) è destinato a crescere e a raggiungere quota $ 69,1 miliardi entro il 2017, rispetto ai $ 49,2 miliardi del 2012. Questo è quanto dice un nuovo rapporto di Research and Markets. La crescita viaggierà, nel corso dei prossimi 5 anni, ad un tasso del 7% annuo composto. L'Auto-test sarà il fattore propulsivo dell crescita del settore, in sostituzione delle analisi che i pazienti dovevano effettuare presso i centri ospedalieri. Di conseguenza, il numero di prodotti denominati "point-of-care test" crescerà. Altri fattori che contribuiranno alla crescita del settore IVD sono dati dagli sviluppi in corso nell'automazione dell'analitica di laboratorio, i rapidi progressi in vari campi della diagnostica, come la diagnosi molecolare, i test immunologici, l'ematologia, la citometria a flusso, la microbiologia e, infine, l'espansione del mercato geografico all'interno dei paesi emergenti.  Mentre gli Stati Uniti, seguiti dall'Europa, continueranno a rappresentare il più grande mercato per il settore, le regioni emergenti, come i paesi BRIC,  cresceranno a tassi a due cifre. Il settore  può essere classificato nei seguenti segmenti basati sulla tecnologia:
  • ·        chimica clinica
  • ·        immunochimica
  • ·        diagnostica molecolare
  • ·        Ematologia
  • ·        Coagulazione
  • ·        Microbiologia
  • ·        Altri

Il settore IVD può anche essere suddiviso nelle seguenti categorie secondarie in base alle domande:
  • ·        Diabete
  • ·        Malattie infettive
  • ·        Oncologia
  • ·        Cardiologia
  • ·        Nefrologia
  • ·        Malattie autoimmuni
  • ·        AIDS
  • ·        test anti-droga
  • ·        Altri


Alcune delle aziende leader sono Abbott Laboratories, Roche Diagnostics, Becton Dickinson & Co., la tedesca Siemens Healthcare e la francese Diagnostica Stago SAS.

venerdì 3 febbraio 2017

Le tendenze che modelleranno il cloud computing nel 2017

Il cloud computing ha aiutato molte aziende a trasformarsi nel corso degli ultimi cinque anni, ma gli esperti concordano sul fatto che il mercato stia entrando in una sorta di seconda ondata, sia per il cloud pubblico, sia per quello privato. Il mercato del cloud accelererà più velocemente nel 2017, questo è quel che prevede la Forrester Research nel suo nuovo rapporto. "Le aziende con grandi budget, data center e applicazioni complesse guardano al cloud come un luogo vitale per eseguire le applicazioni di core business." La prima ondata di cloud computing è stata creata da Amazon Web Services nel 2006 quando ha lanciato qualche semplice servizio di storage. Un decennio più tardi, AWS ha operato con  un run rate di 11 miliardi di dollari. Forrester ha rilevato che il 38 per cento dei più di 1.000 decisori sulle infrastrutture aziendali in Nord America ed Europa stanno costruendo cloud privati ed il 32 per cento intende offrire i propri servizi pubblicamente. Inoltre, il 59 per cento degli intervistati ha detto di essere in procinto di adottare un modello di cloud ibrido. I Regional Players dovranno ragionare in termini di "mega cloud provider". I CIOs, cui inizialmente era stato affidato il compito di costruire cloud privati, alla luce del tempo e dei costi necessari, passeranno ai coud pubblici. Ciò di cui hanno e avranno bisogno c'è già e si sta evolvendo a un ritmo furioso. Il mercato globale del cloud pubblico nel 2017 supererà 146 miliardi di dollari, contro i "soli"  87 miliardi del 2015, con un tasso di crescita del 22 per cento. La parte del leone di questa crescita sarà rappresentata da Amazon.com, Microsoft, Google e IBM, che sono emersi come "fornitori di mega-cloud". Si stanno aprendo nuovi centri dati come, ad esempio, quello che si realizzerà in seguito all'accordo tra Microsoft e T -Systems per gestire il loro cloud in Germania. C'è da dire che i grandi players non saranno in grado di servire ogni singola richiesta, il che significa che anche gli attori regionali più piccoli vedranno un incremento del loro business nel 2017.

Qualche riflessione sul mercato della moda nel 2017

Dopo un rallentamento nel 2016, determinato da volatilità e incertezza, nel 2017 ci si attende una ripresa, con punte di crescita comprese tra 2,5 e il 3,5 per cento. Quest'ottimismo deriva da una serie di fattori:
1. In primo luogo, gli indicatori macroeconomici. Le previsioni di crescita del PIL a livello mondiale proiettano un valore prossimo al 3,4 per cento rispetto al 3,1 del 2016. Il valore, tuttavia, è sottoposto agli effetti della Brexit (ma ci sarà davvero?) e delle politiche commerciali del neo eletto Trump.
2. In secondo luogo, la comunità degli investitori si aspetta miglioramenti in tutto il settore della moda, in particolare quello guidato dai "colossi" che potrebbero avviare operazioni di riorganizzazione e disinvestimento dei non performing brand e delle non-core activities.
3. La crescita che ci si attende (2,5/3,5 per cento) rappresenta una leggera ripresa, ma non è ancora al livello degli incrementi del 5,5 per cento, dei quali per anni ha goduto il settore.
Insomma, i primi due punti elencati e un sostanziale riequilibrio commerciale tra Cina e Nord America dovrebbero garantire al settore una crescita prossima all'incremento atteso per il PIL. Resta quanto già detto per i cambiamenti politici di alcuni stati chiave che possono influenzare negativamente il quadro complessivo, soprattutto per la "sensibilità speculativa" tipica dei mercati del petrolio e delle materie prime.