martedì 21 aprile 2015

Vorresti fare il consulente, ma non hai le competenze? Nessun problema! Ecco la guida per imbrogliare il prossimo.

Consulente di direzione? No problem! Quella del consulente di direzione è un'attività che richiede un'eccellente competenza tecnica e una comprovata esperienza sul campo, tutte cose molto difficili da trovare insieme. Quindi? Keep calm! Di seguito ti svelo i segreti per diventare un "bravissimo" consulente, in assenza di preparazione ed esperienza. L'unica cosa che devi fare è imparare pochi segreti, poi sarai pronto per partire. Cominciamo col dire che un perfetto consulente di direzione dà sempre l'impressione di sapere quello che fa. I clienti devono avere la netta sensazione che tu "sai il fatto tuo". Ricorda: un consulente ha sempre la risposta per tutto. Non hai la risposta? Nessun problema, fingi. Fingi di averla. Ostenta sempre sicurezza e se non sai qualcosa inventa una risposta credibile. Ricorda: la verità non si dice, si comunica! E adesso i trucchi del mestiere.

1. I quadranti magici
Non sai cosa sono? Te lo spiego in due parole. La Gartner Inc. è una società di consulenza statunitense che adotta i "quadranti magici" per analisi qualitative del mercato. Anzi, per essere più precisi, è un loro brand. Noi le chiamiamo anche matrici. I quadranti magici saranno i tuoi migliori amici. Immagino che ti stia preoccupando sul cosa mettere nei quadranti. E' giusto, stai imparando. La risposta è: quello che vuoi. La matrice, per un mistero (fortunatamente) irrisolto, ha il potere di trasmettere valore.
E' un mezzo potente di persuasione. Quindi, metti nei quadranti quel che vuoi. Un buon metodo è di avere a disposizione una lavagna per disegnare i quadranti e, ad ogni inserimento di parole a caso, prendersi qualche momento per pensare. Ovviamente, non dovrai farlo davvero. Col tempo imparerai a simulare perfettamente lo sguardo immerso nel vuoto alla ricerca di contenuti nascosti. Il cliente sarà molto gratificato dal fatto che ti stai concentrando sui suoi problemi.

2. Proporre un'alternativa idiota
Ricorda, tutti i suggerimenti che darai al cliente saranno ignorati. Immagino che ti stia chiedendo: "ma non avevi detto che il consulente deve sempre avere delle risposte?" E' vero, ma devi capire che la tua consulenza di direzione è disonesta e si basa sul principio che il tuo cliente non ammette di avere un problema e tu non ammetti di  essere incompetente. Per governare questa situazione adotterai il seguente schema:
a. Senza dilungarti in spiegazioni, dichiari di aver compreso il problema.
b. Proponi un'idea banale, ma ragionevole, soprattutto semplice. Ricorda che potresti essere tu a doverla implementare.
c. Fai seguire l'idea semplice e ragionevole da un'idea assolutamente idiota e impercorribile.
d. Presenti le due idee come gli estremi delle soluzioni possibili e lasci al cliente la possibilità di scegliere. 
e. Il cliente, ovviamente,  sceglierà l'idea più semplice, valutandola la più ragionevole (in effetti in piccola misura lo è) contrapposta alla totale idiozia dell'altra idea, che vedrà come impercorribile. Insomma, se sarai stato capace, il cliente sceglierà la soluzione banale, perché la valuterà ragionevole e scarterà l'idiozia, perché la valuterà impercorribile. La tua incompetenza e la tua disonestà saranno salve!

3. Condividi una storia falsa e senza senso di un altro cliente (che non esiste)
La consulenza professionale richiede preparazione, competenza ed esperienza sul campo, l'abbiamo già detto. Questi requisiti sono essenziali per dimostrare, magari con esempi concreti, la tua storia di successi.
Un professionista di provata capacità non si sottrae a dare indicazioni sulle sue precedenti esperienze, pur nel rispetto dell'opportuna riservatezza dei clienti. Ma tu sei un imbroglione, come possiamo aggirare il problema? Non è impossibile che un tuo cliente ti chieda se hai già fatto un certo tipo di lavoro e con quali aziende. Come rispondere? Innanzitutto, fai immediatamente appello ad acronimi come: NDA (Non Disclosure Agreement) o MSA (Master Services Agreement). I professionisti seri li usano per proteggere i clienti e, quindi, sono un atto di correttezza. Nel tuo caso serviranno a proteggere te e la tua incapacità. Dichiara subito che non sei autorizzato a dare informazioni sui tuoi precedenti incarichi. Al massimo puoi fare vaghi riferimenti a precedenti esperienze. Questo non sarà soddisfacente per il tuo cliente, ma con un po' di esperienza, imparerai a descrivere storie particolarmente verosimili. Nel frattempo, ti fornisco un template che potrai utilizzare all'inizio:

"Recentemente uno dei miei clienti, che opera nel settore "inserisci il settore", ha avuto lo stesso problema e insieme abbiamo deciso di affrontare la situazione così "inserisci una soluzione vaga" con il seguente risultato "inserisci un valore a caso, ma che indichi un successo". Il vostro caso, però, è unico e quindi dobbiamo trovare una soluzione su misura."

Quali sono i vantaggi di questa "storiellina":
  1. Non dà nessun dettaglio significativo sulle tue precedenti esperienze, d'altra parte sei un "consulente" e non puoi condividere certe informazioni;
  2. Dimostra che sai cosa stai facendo e che lo hai già fatto altrove;
  3. Ti assolve completamente da eventuali fallimenti, d'altra parte il "caso" del tuo cliente è unico, quindi non si esclude che anche la migliore soluzione possa fallire.
4. La campana di Gauss

Non ti spaventare! A noi interessa solo il disegno. La curva, o campana, di Gauss è una funzione che indica che una serie di dati relativi ad un andamento casuale di una certa serie di fenomeni tende a concentrarsi verso il valore medio dei dati stessi (cioè dove la campana è più alta). Sì, ma a che serve? Serve a spiegare che l'andamento di un fenomeno si distribuisce verso i suoi valori medi. Ovvio, che non devi calcolare i valori, anche perché non ne saresti capace. Basta disegnare la campana e (di)mostrare la concentrazione. Piazza qua e là delle frecce sulla curva  a supporto di quel che stai dicendo e il gioco è fatto.

5. Il trucco dei "perché?"
Il trucco dei "perché" è estremamente efficace, pur nella sua assoluta semplicità. Di cosa si tratta? Devi sempre chiedere il "perché" di ciò che ti viene descritto dal cliente. In realtà nulla o poco ti interessa, ma darai la sensazione di seguire attentamente ciò che ti viene descritto.
Non solo, ma quando una cosa non ti è chiara, chiedendo il "perché" di quella scelta o quella pratica, costringi l'interlocutore a spiegarti non il "perché", ma cosa sta dicendo. Per te che sei un imbroglione incompetente è manna! Ma non è finita. Attraverso i "perché" metti in evidenza la caducità delle scelte fatte in azienda. Tutti sanno, specie i bambini, che chiedendo il "perché" di tutto si arriva sempre ad un punto morto. E così è anche nel nostro caso. Si arriverà al punto in cui al tuo ennesimo "perché" la risposta non sarà più una spiegazione, ma l'identificazione di qualcuno in azienda che ha deciso in quel modo. Tu non ti sei esposto, ma nel cliente si insinua l'idea che il suo manager non sia stato particolarmente avveduto. Un consulente di direzione sa perfettamente che "sotto indagine" sono i processi, non le persone. Ma tu sei un incompetente e per accreditarti devi trovare una vittima, anzi, la fai trovare al cliente. Conseguentemente, ne deriverà un incarico per mettere ordine in quella determinata area. Per te che sei un cialtrone, è tutto lavoro!

6. Il dogma del metodo
Qui ti chiedo di prestare la massima attenzione. Sì, perché sto per svelarti uno dei segreti più delicati che, se ben gestito, ti consente di ottenere grande credibilità senza essere smascherato troppo facilmente. Si tratta dell'utilizzo di un metodo, o modello, di consulenza. Immagino che non sappia nemmeno di cosa si stia parlando, ma questo non deve spaventarti. Gli studiosi di dinamiche aziendali (ma anche personaggi che hanno fatto il tuo stesso percorso) nel corso degli anni hanno proposto modelli di gestione con una forte impostazione metodologica. Ti farò qualche esempio. Negli anni sessanta Jay Wright Forrester, insegnante del MIT, propose un modello denominato "System Dynamics". Questo modello mette in relazione il mercato con l'organizzazione aziendale.
Nel 1980 alcuni consulenti di McKinsey misero a punto un modello  denominato delle 7 "S", dove si teorizzava l'eccellenza organizzativa, nella misura in cui le 7 "S" fossero state allineate. Per tua comodità ti elenco le "S": Strategy, Structure, Systems, Staff, Style, Skills, Shared Values. Poi ci sono i modelli di Porter: le 5 forze e la Value Chain Analysis. Chiudo il mio elenco con il recentissimo Blue Ocean Strategies del 2005. Ti posso garantire che su internet ne trovi quanti ne vuoi. Scegli quello che meglio puoi seguire pedissequamente. Ti sorprenderai di quanto lavoro troverai già fatto e quanta autorevolezza guadagnerai con il cliente. Ma l'aspetto più interessante deve ancora venire! Il tuo metodo (quale esso sia) può essere spacciato per un modello di business, quindi il cliente dovrà implementarlo e, quasi certamente, fallirà in tutto o in parte nella sua applicazione. Questo ti permetterà di introdurre un altro modello e ripetere l'intero processo.

Dimmi la verità, cominci a crederci anche tu alla "storia" del consulente di direzione. E fai bene. Credimi, quando avrai la piena padronanza dei miei trucchi, scoprirai di avere tantissimi "colleghi" disonesti come te. Adesso, però, devo metterti in guardia da alcuni inconvenienti. D'altra parte lo sai, tutte le iniziative truffaldine hanno delle controindicazioni.. La prima, e più banale, è che quest'articolo lo leggono anche imprenditori e manager. La seconda è che imprenditori e manager, anche se non hanno letto quest'articolo, sono sempre più preparati e competenti. La terza è che alcuni dei cialtroni tuoi pari che incontrerai, saranno "coperti" da brand prestigiosi e, quindi, tu sarai automaticamente messo fuori gioco.La quarta è che potresti incrociare un collega serio e preparato, il quale non impiegherà più di dieci minuti per smascherarti, se possibile, davanti al cliente. Che altro aggiungere? Ah, fondamentale, se hai una coscienza liberatene.

lunedì 13 aprile 2015

Cercasi novello Frankenstein per consulente di direzione....mostruoso!


Il mostro di Frankenstein, come tutti sapranno, è una "creatura" composta dal corpo di un impiccato e vari pezzi di altri cadaveri, qualcosa di molto diverso da George Clooney o Brad Pitt. Ma la cosa interessante è che scegliendo i "pezzi" migliori si dovrebbe ottenere il miglior risultato possibile. In quest'articolo proverò a comporre il nostro "mostro", ovvero il consulente di direzione ideale, facendomi consigliare dai Recruitment Manager delle principali Consulting Firms. Partiamo da Valentine Troutaud, Senior Recruiting Coordinator di Boston Consulting Group, che indica nella capacità analitica il primo "pezzo". Insomma, bisogna essere capaci di analizzare un problema. Ma cosa significa esattamente analizzare? In estrema sintesi, significa spezzettare una cosa nelle sue componenti più piccole, per poterla comprendere "dall'interno", ossia attraverso i suoi fattori costituenti. Ma come faccio a sapere quando mi devo fermare? Intendo dire, fino a che punto posso "spezzettare" una cosa senza ridurla in inutili frammenti che non mi restituiscono nessuna informazione? Immaginiamoci di dover studiare un prato e che si decida di analizzarlo per comprenderne lo stato di salute. Cominceremo con isolarne una parte, un pezzo di prato che sappiamo avere le stesse caratteristiche di tutto il restante prato. Poi cominceremo a guardare i fili d'erba più da vicino, cercando di capire come sono ancorati al suolo e che tipo di terra li circonda. Poi sacrificheremo un filo d'erba per studiarne le radici. In seguito, potremmo decidere di prendere il filo d'erba per portarlo in laboratorio e osservarlo al microscopio. Il livello di profondità del microscopio ci permetterà di vedere le cellule che lo compongono.
Ma potremmo non essere soddisfatti e allora vorremo andare più in profondità per vedere le molecole e poi gli atomi che lo compongono. E poi...scusate ma mi sono perso. Qual'era il problema? Ah sì, studiare lo stato di salute del prato. Forse abbiamo esagerato con l'analisi. E questo è il punto. Quando si parla di Analitycal Skills si dovrebbe spiegare che per un consulente di direzione è fondamentale sapere quando fermarsi. Il livello di dettaglio è assolutamente insignificante se non è funzionale all'attività decisionale. L'analisi deve continuare solo fin quando non intercettiamo il meccanismo sul quale ci interessa intervenire. Ma per intercettarlo, dobbiamo riconoscerlo. Sul fatto che un problema debba essere scomposto nei suoi sotto-componenti siamo tutti d'accordo, ma non sostituiamo la diagnosi con l'analisi . L'analisi serve se scomponiamo qualcosa per cercarne un'altra. Potremmo esserci sbagliati nella diagnosi, ma non possiamo rinunciare ad essa, altrimenti le nostre capacità analitiche sono totalmente inutili. Dobbiamo selezionare i dati raccolti, analizzarli e trarne le indicazioni per una soluzione creativa. Il Data Mining ha raggiunto livelli straordinari ed esistono software sofisticatissimi che forniscono gli "atomi" informativi  più sottili, ma la nostra capacità analitica ci deve dire quando fermarci per riaggregare le informazioni dando vita alla soluzione. Bene, il primo pezzo l'abbiamo. Adesso dobbiamo trovare il secondo e l'indicazione ce la dà Elizabeth Bird, Recruitment Manager di Integration Management Consulting: l'iniziativa
L'iniziativa è una caratteristica irrinunciabile. Il consulente di direzione deve capire quando è necessario intraprendere o proporre uno "scatto" in avanti. L'iniziativa è la capacità di rispondere tempestivamente alle sollecitazioni che il contesto propone. Se un consulente capisce che un cliente può migliorare le sue performance deve predisporre tempestivamente una proposta operativa e sottoporla alla direzione. Iniziativa, ossia capacità di iniziare qualcosa autonomamente. Essere propositivi e, quindi, liberi. Sì, perché l'iniziativa è una dote che il consulente sviluppa se è e si sente libero: libero dai condizionamenti del cliente, dalla preoccupazione dell'output che dovrà produrre, dalla preoccupazione dei costi che dovrà proporre, dalla preoccupazione di non guadagnare abbastanza. L'iniziativa di un consulente di direzione deve essere figlia della sua competenza, della sua libertà e della sua assoluta correttezza. E adesso abbiamo anche il secondo "pezzo" del "mostro". Ora siamo arrivati al terzo "pezzo" e lo chiediamo a Will Cummings, Consulting Student Recruitment Manager di PricewaterhouseCoopers: la flessibilità. Essere capaci di adattare se stessi alle diverse situazioni è un requisito irrinunciabile. Un consulente di direzione si interfaccia con diverse persone che svolgono diverse mansioni all'interno dell'azienda. Inoltre, i risultati del suo lavoro deve saperli presentare a diversi tipi di audiences con differenti necessità e capacità recettive. La flessibilità consente agli interlocutori di essere se stessi senza condizionamenti e, quindi, permette al consulente di direzione di raccogliere informazioni utili e autentiche al netto di preoccupazioni e timori. Avrete già sentito il detto latino frangar, non flectar (mi spezzerò ma non mi piegherò), dimenticatelo, nella consulenza vale il contrario. Ovviamente, non mi riferisco ai convincimenti o alla statura morale del consulente, per i quali il detto è validissimo, ma agli atteggiamenti e al modo di porsi. Bisogna essere flessibili e non irrigidirsi mai, è inutile e non aiuta a rendere il giusto servizio al cliente. Quindi flessibilità, ecco il terzo "pezzo". Ma a Will Cummins chiediamo un pezzo in più, anche perché lui gentilmente l'ha offerto in una sua intervista: la capacità comunicativa. Credo che spendere troppe parole sia inutile. La comunicazione è la base di tutte le attività umane e la consulenza di direzione non fa eccezione. La comunicazione non è solo ciò che riusciamo a dire o a scrivere, ma è l'intero nostro essere nei luoghi nei quali ci presentiamo. Se a una festa in maschera ci presentassimo vestiti da tranviere, tutti penserebbero che siamo stati molto originali. Ma se il nostro lavoro fosse quello di tranviere e ci presentassimo al circolo ricreativo dell'azienda municipale, nessuno penserebbe che siamo particolarmente originali, anzi. 
Il contesto nel quale operiamo e ciò che in quel contesto vogliamo comunicare è fondamentale. Non mettere in relazione ciò che trasmettiamo con il luogo e le persone destinatarie del nostro messaggio è un errore che può risultare fatale. Potrò passare per un consulente démodé, ma un medico incontrato per strada in jeans e maglietta è uno sportivo, in sala operatoria se lo vedo con il camice verde e la mascherina mi sento più tranquillo. Quindi il mio consiglio è: comunicate ciò che siete e che cosa volete e dovete rappresentare per il cliente. A voi la scelta se indossare o meno "il camice". Bene, abbiamo anche il quarto pezzo. Il mostro comincia e delinearsi, ma siamo ancora lontani. Il prossimo pezzo lo chiediamo ad Amelia Scott, Graduate Recruitment Manager di PA Consulting Group: la capacità d'influenzare. Diciamo che questo "pezzo" è parzialmente coperto dalla capacità comunicativa, ma la capacità d'influenzare è qualcosa di più specifico. Influenzare significa convincere, trasmettere la propria sicurezza sugli argomenti che stiamo presentando. I grandi influenzatori sono persone che coinvolgono gli altri e trasmettono il loro entusiasmo per un'idea. Sono persone che, grazie alla loro credibilità, conquistano le persone che li circondano e le portano a sentirsi parte di un progetto. Attenzione, non confondiamo i cialtroni che in modo subdolo raggirano il prossimo. La linea di demarcazione non è sottile, come qualcuno pensa, ma è molto chiara e netta. Un consulente di direzione, che sia anche un influenzatore,  è una persona che affascina con la lucidità delle argomentazioni e la razionalità delle idee presentate. E' un seduttore che utilizza la ragione delle cose per conquistare le persone che vuole aiutare, che peraltro lo pagano per questo. I mistificatori sono altra cosa, sono personaggi loschi che hanno passato la loro vita ad esercitarsi per sedurre le persone solo sulla base di argomenti vuoti e inesistenti. So di non farmi molti amici, ma credo che parte delle tecniche di vendita esistenti andrebbero rilette alla luce di questa mia modesta riflessione. Comunque, restiamo al tema, bisogna essere influenzatori e, quindi, persone capaci di rendere lucidamente comprensibile ciò che vogliamo trasmettere, ottenendo anche l'entusiasmo di chi ci circonda. 
Il puzzle si sta componendo, vedo la forma del mostro concretizzarsi, ci siamo. Però, abbiamo ancora bisogno di un pezzo e lo chiediamo a Gillian Bray, HR Manager di CHP Consulting: le capacità interpersonali. La definizione suona vaga o già compresa nei "pezzi" già visti, ma non è così. La capacità di condurre relazioni interpersonali più che attenere ad un "fare" riguarda l'atteggiamento che assumiamo quando siamo passivi rispetto all'agire degli altri. Per esempio, sappiamo ascoltare? Siamo capaci di essere davvero attenti e interessati a ciò che le persone ci dicono? Un consulente di direzione deve essere capace di portare sicurezza e non insicurezza. Non è vero, come molti consulenti un po' complessati pensano, che un atteggiamento ieratico aggiunge prestigio. La solennità di alcune persone è pari solo alla solennità delle sciocchezze che dicono. Incutere rispetto con atteggiamenti distaccati e distanti complica la qualità dell'interazione, con il risultato di impoverire l'efficacia del servizio che stiamo offrendo. Il consulente di direzione non è invitato ad una recita scolastica dove svolge il ruolo dell'intelligente. E' chiamato (e pagato) per risolvere problemi e/o migliorare i risultati esistenti, il tutto in armonia con le persone con le quali deve lavorare. La famosa qualità esposta in tanti CV: "capacità di lavorare in team", cosa significa? Significa essere in grado di gettare tanti ponti quante sono le persone con le quali lavoriamo, per favorire il contatto e la comunicazione con ognuna di esse. Mamma mia! Ecco il mostro! E' orribile! (sento già i "parla per te" di qualche collega). Eppure...eppure manca qualcosa. Sì perché i pezzi ci sono, ma ho come la sensazione che non "stiano insieme". Certo! Manca il collante, mancano le suture (tipiche di ogni mostro che si rispetti) che legano i pezzi e permettono alla "creatura" di muoversi libera e sicura. Per le le suture ci penso io. La prima sutura è il senso del business
Il consulente di direzione non è un consulente qualsiasi, insomma non è il commercialista o l'avvocato, consulenti preziosissimi e insostituibili per le loro specifiche discipline. Il consulente di direzione deve essere un animale d'azienda (animali, mostri...che strano articolo!). Vendite, marketing, margini, cassa, personale, organizzazione, tutto è sempre parte del tutto. Non si può svolgere questa professione senza avere un cervello "multitasking". E adesso la seconda sutura: confidenza con i numeri«La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.» (Galileo Galilei, Il Saggiatore, Cap. VI). Niente male la citazione, eh? A proposito, grazie Wikipedia di esistere. Ma torniamo a noi. Se quel che Galileo, quasi quattrocento anni fa, diceva per l'universo è vero, non vi dico per l'azienda. La matematica è la fedele compagna del consulente di direzione, ogni fenomeno aziendale ha, in una misura o nell'altra, un impatto numerico e, quindi, è misurabile. Lo so, ci sono molte cose che non lo sono, ma per ricondurre (quasi) tutto a razionalità la matematica è lo strumento migliore. 
"Misurare" è il verbo da tenere sempre presente quando si lavora. E se ci imbattiamo in qualcosa di difficilmente misurabile (caso non raro), dobbiamo tentare una stima numerica, almeno delimitando l'ambito matematico nel quale, a grandi linee, un certo fenomeno può ricadere. Attenzione, non sto dicendo che tutta l'attività deve ridursi a calcolo, ma quando siamo costretti a "stringere" le cose dentro le esigenze della razionalità, la logica matematica è la migliore alleata. Tutti noi tendiamo a decodificare la realtà in termini quantitativi. Se qualcuno vi dicesse che si trova in una stanza con un "sacco di persone", a quante persone pensereste? Un bel po'. Si, ma approssimativamente, quante? Boh! Se, invece, qualcuno vi dicesse che si trova in una stanza con una "ventina" di persone non vi ha dato un numero esatto, ma nella vostra mente cominciate figurarvi un'immagine del gruppo di persone presente in quella stanza. Non vi aspetterete che ci siano cento persone, ma nemmeno dieci.  Il numero ci serve, usiamolo. Mi sembra che il mostro tenga abbastanza bene, ancora una sutura e ci siamo. Eccola: la passione. Qualsiasi commento all'importanza della passione sarebbe inutile e noi non facciamo cose inutili. Bene, adesso il mostro sta in piedi e cammina da solo. E' spaventoso, enorme, ha un testone gigantesco. Però, devo confessare che, a ben guardare, ha un aspetto simpatico e familiare, d'altra parte è un collega. E che collega!!

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