giovedì 11 maggio 2017

....ma alla fine, a cosa serve un coach?

Tutti noi conosciamo il Cardinale Richelieu, l'artefice della politica di Luigi XIII in Francia e in Europa nella prima metà del XVII secolo, passato alla storia per le sue grandi doti politiche e di negoziatore. Pochi, però, sanno chi fosse Fraçois Leclerc du Tremblay che, dopo aver preso i voti per entrare nell'Ordine dei Frati Minori dei Cappuccini, prese il nome di Padre Giuseppe da Parigi. Questi era uomo di grande cultura e di straordinaria capacità di "lettura" della realtà, che affiancò e consigliò il Cardinale Richelieu fino alla morte. Fu una figura determinante, un coach che esaltò le caratteristiche già straordinarie del Cardinale. Esattamente come allora, oggi i più grandi executives si affidano ai coach per crescere professionalmente e aumentare la loro capacità critica d'interpretazione del contesto nel quale operano. Anni fa i coach erano chiamati in causa per modificare alcuni comportamenti "tossici" del top management. Erano degli "educatori" che indirizzavano gli executives verso quegli atteggiamenti più consoni al ruolo. Oggi il discorso è completamente diverso. I coach sono chiamati ad esaltare le performance degli executives, intervenendo principalmente sulle loro abilità tecniche e produttive. Questo spiega perché la scelta del coach è diventata più complessa. La domanda è: le aziende ottengono valore dall'intervento dei coach? La maggior parte delle aziende che hanno utilizzato il coaching, lo riutilizzano sistematicamente. Non è una prova del sicuro valore portato, ma è certamente un forte indizio. Vediamo quando funziona e quando no il coaching. Per prima cosa è necessario che l'executive sia fortemente motivato alla crescita e al cambiamento. Forzare le cose è inutile, anzi, è dannoso. Un coach non serve per cambiare atteggiamenti e comportamenti. Chi si pone nei confronti del lavoro e degli altri in modo "inadeguato" ha un altro tipo di problemi che un coach non può risolvere (e non fidatevi di chi dice il contrario). La chimica personale è fondamentale. Quindi, prima di scegliere un coach in via definiva, è bene fare un breve periodo di prova per verificare l'intesa con l'executive. Chiunque ingaggi un coach deve aver ben chiari gli obiettivi che intende raggiungere, che devono essere essenzialmente aziendali (leadership, gestione delle risorse, decision making, change management, ecc.). Si dovrebbe evitare di far scivolare il coaching su questioni "altre" come l'equilibrio tra lavoro e vita privata o altri scopi personali, che conviene affrontare fuori dal contesto lavorativo con altro tipo di professionisti. Guardatevi da chi mescola i due ambiti. Spero che quest'articolo possa esservi di qualche aiuto nel scegliere il vostro coach che sarà anche la vostra eminenza grigia. A proposito, sapete perché si dice eminenza grigia? Perché il Cardinale Richelieu, per il colore della veste, era definito eminenza rossa, mentre il suo coach Padre Giuseppe da Parigi, per il colore del suo saio, eminenza grigia.

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